martedì 17 dicembre 2013

La Forza della Diversità - I Gemelli

http://www.edizionimontag.com/shop/scheda.asp?id=405
Edizioni Montag ha promosso un concorso che ha portato alla pubblicazione di una raccolta di racconti "La Forza della Diversità" volto esclusivamente a raccogliere fondi per la fibrosi cistica.
Di seguito il mio racconto. Se acquisterete il volume, troverete gli altri 50.
 
 
I gemelli

di Elena G. Santoro


- Perché te ne stai lì imbambolato? Muoviti, dai! – mi urla Luca, e io penso che

stavolta abbiamo fatto un vero casino.

Siamo proprio nei guai fino al collo.

- Su, avanti, dobbiamo andarcene di qua. Scappiamo prima che ci becchino!

Scappiamo, certo. È quello che stiamo facendo. Abbiamo appena incendiato la

biblioteca della scuola, nel locale le fiamme si stanno sprigionando, forse è meglio

darsi una mossa. Luca mi prende per un braccio:

- Dai, Ste’. Se ci beccano siamo nella merda! – mi incita Luca.

Devo solo scavalcare il muro di cinta da cui siamo entrati. Questa bravata ce la siamo

preparata bene da quando Ale ha scoperto che si poteva entrare nel cortile da un

punto in cui la recinzione era stata lesionata, e dopo che Ruggero, detto Ruggito, è

riuscito a rubare le chiavi ad Augusto, il bidello disabile che sta in portineria. A quel

punto l’idea a Luca è venuta da sé. E naturalmente io mi sono fatto coinvolgere,

perché non ho mai saputo dire di no a Luca, da quando siamo nati. Luca è il mio

fratello gemello. Siamo identici, due gocce d’acqua. Stessi capelli biondi, stessi occhi

azzurri. Stessa età, sedici anni, anche se lui è nato quattro minuti prima di me. La

gente ci confonde sempre, anche le ragazze. Così non posso affermare con sicurezza

che la tipa con cui sono uscito l’anno scorso per un mese volesse proprio me, oppure

Luca, che obiettivamente è sempre stato più spigliato e più estroverso. Il dubbio mi è

venuto quella volta che ci stavamo baciando e lei mi ha sussurrato:

- Luca, cioè, volevo dire, Stefano…

Così ci siamo lasciati. Non posso certo dire che la mia vita sentimentale sia stata molto

ricca, finora. A parte quell’altra parentesi, quando sono uscito con Marina, la nostra

compagna di classe con i capelli rossicci e gli occhiali. Quella muore dietro a Luca

dalla prima, e ora siamo alla fine della seconda. Ma Luca la sfotte sempre. La prende

in giro perché è una secchiona. Così una volta le ha dato appuntamento e poi ha

mandato me al suo posto. Voleva sapere che effetto faceva, ma senza starci per

davvero. E poi voleva riderci sopra insieme agli altri: Ale e Ruggito, che pendono dalle

sue labbra ogni volta che fa una battuta. Solo che Marina se n’è accorta. Come mi ha

visto arrivare da lontano, mi ha detto:

- Stefano, perché sei venuto tu, anziché tuo fratello?

Allora ho dovuto spiegarle che lui non poteva. Non me la sono sentita di fingere. Non

si meritava una tale bastardata. E tanto, comunque, mi aveva scoperto. Forse lei è

l’unica che ci riconosce. Non so da cosa l’abbia capito che ero io e non lui. Mi ero

fatto persino la riga dei capelli dalla sua parte. Il look poi è lo stesso. Stessi abiti, stesso

stile. Luca, quando gli ho detto di come era andata con Marina, non era contento. Ma

non si è neppure arrabbiato. Sa che gli voglio bene, che gli sono molto legato. Siamo

in classe insieme dai tempi dell’asilo. La mamma non ci ha mai voluto separare, anche

se le hanno detto che “didatticamente non era corretto”. Per questo sono vicino a

Luca, e in genere lo seguo in tutte le sue imprese. Lui è sempre stato pieno di buone

idee, molto fantasiose.

Solo che questa volta abbiamo esagerato. Nonostante tutte le nostre precauzioni, ci

hanno sgamato subito. Le telecamere di sorveglianza hanno ripreso tutte le nostre

gesta, dalla prima all’ultima. Così ora noi quattro gloriosi eroi ce ne stiamo tutti in

presidenza, al cospetto del dirigente scolastico e dei nostri genitori. Papà è scuro in

volto. Per evitare una denuncia, le alternative sono due: pagamento di tutti i danni, ore

di lavoro al servizio della scuola e sospensione per una settimana. Oppure pagamento

dei danni e ritiro immediato dal liceo.

Quando usciamo, i nostri compagni sono nei corridoi e ci osservano increduli. C’è

anche Marina che mi lancia uno sguardo deluso, e lo lancia a me, non a Luca, ed io

vorrei sprofondare.

A cena Luca piagnucola:

- Papà, ritiraci! Se dobbiamo metterci a lavorare perdiamo l’anno. Tanto i nostri

voti sono così bassi, in ogni caso non recupereremmo più.

Quando deve intortarsi papà, Luca è tutto fuorché sborone: è un gran ruffiano.

Nostro padre non è fiero di noi in questo momento, e sicuramente ci castigherà, ma

sa anche lui che una bocciatura è peggio che un ritiro, sul curriculum. E sa pure che i

nostri voti non sono affatto buoni. Alla fine del primo quadrimestre avevamo

entrambi quattro materie sotto. Quindi papà accontenterà Luca.

Se non che, io non sono d’accordo. Poso la forchetta e dico:

- Luca, ritirati pure tu, se vuoi. Io accetto la sospensione e le ore di lavoro extra.

Voglio mettermi sotto e studiare, voglio essere promosso.

Luca mi lancia un’occhiata feroce, un misto di disapprovazione completa e curiosità.

La mia uscita non era proprio prevista.

- Cazzo dici, Ste’?

Papà mi osserva con interesse:

- Sei davvero sicuro, Stefano?

Io penso che voglio bene a Luca. Lo ammiro molto, per certi versi. Ma io non avrei

mai incendiato la scuola, di mia iniziativa. E forse la mia vita sarebbe diversa se mi

assumessi le mie responsabilità, qualche volta. Se devo pagare, voglio che sia per le

cavolate che faccio di mia volontà, non per le sue.

- Sì, - confermo.

E adesso, dopo tre mesi bestiali, in cui ho studiato come un dannato per recuperare le

insufficienze e prestato servizio tre pomeriggi alla settimana come aiuto del bidello

disabile Augusto, sto aspettando che i cancelli del liceo aprano per vedere i voti

esposti.

Marina è qui e mi tiene la mano. È la mia ragazza adesso, e so che mi apprezza per

come sono. Luca, dopo il ritiro, è stato spedito a lavare auto dal benzinaio vicino a

casa, e ora medita di riscriversi in seconda a settembre.

- Comunque vada, sono fiera di te! – mi dice Marina, stampandomi un bacio

sulla guancia.

E io sono fiero di lei per tutte le sere che mi ha dedicato aiutandomi a studiare e a

recuperare un voto dopo l’altro.

Si spalancano i cancelli. Non ho il coraggio di guardare. Matematica era ancora incerta.

Apro gli occhi e ho un tuffo al cuore: Promosso!

lunedì 14 ottobre 2013

Furto di un sapone: l'ingordigia non ha un profumo preferito.


Nella toilette femminile del mio ufficio, la più frequentata del comprensorio, accade che ogni tanto qualche anima pia porti da casa e metta a disposizione un flacone di sapone per le mani per il mero gusto di rinfrescarsi con qualcosa di più gratificante e meno aggressivo del prodotto che l’azienda fornisce di default nell’erogatore a muro.

Accade così che qualche giorno fa, dopo aver per settimane usufruito a man bassa dei saponi altrui dalle fragranze più disparate abbia deciso anche io di dare il mio contributo di soap-sharing. Pertanto, lo scorso 10 ottobre, giovedì, me ne sono arrivata con un flacone da un litro e dal prezzo particolarmente conveniente che trovo in una catena di prodotti per l’igiene personale che sta vicino a casa mia. Premetto anche che avevo scelto quel sapone liquido perché molto delicato e veramente gradevole nonostante il prezzo contenuto  a cui viene venduto.

Dunque giovedì scorso il mio flacone di cui andavo tanto fiera troneggiava sul lavandino. Venerdì pure. Oggi, lunedì 14 ottobre 2013, era già sparito.

Dissolto, dileguato, RUBATO.

E dire che il mio detergente non era di marca, non era un pezzo di pregio, ma un umile flacone da discount.

 

Chi sarà il ladro o più probabilmente la ladra? Non sono una profiler, e la scelta nell’identikit è ampia e spazia dall’impiegata media alla dirigente, dall’operaia alla donna delle pulizie e passa anche per l’addetta alla mensa. Insomma, chiunque potrebbe essersi intascata il mio sapone, e io non ho il potere di accusare nessuno nello specifico, ma quando costui, o meglio, costei, ricapiterà da quelle parti troverà il mio cartello appeso vicino allo specchio:

“Giovedì 10 ottobre ho portato un sapone mani e viso al profumo di talco e iris che nelle mie intenzioni doveva essere a disposizione di tutti e che oggi, lunedì 14, è già sparito, probabilmente nelle tasche di uno solo (o una sola). Al ladro/a volevo dire che costava solo 2,35 euro, quindi il danno non è economico, però, cavoli, l’ingordigia è brutta, eh? Comunque complimenti, ci lamentiamo dei politici, ma poi noi, nel nostro piccolo…”

Cartello che è stato approvato e accolto con soddisfazione anche da quel paio di anime candide che come me si sono viste sottrarre, in precedenza, il sapone che avevano portato loro, e che non porteranno mai più. Ma questo l’ho scoperto solo dopo.

Perché, diciamolo, l’ingordigia non ha colore, non ha classe sociale, non ha uno status: è trasversale. Non ha neppure un profumo preferito: l’ultimo sapone indebitamente sottratto prima del mio odorava di pesca.

È inutile lamentarsi perché la casta ruba (e ruba tanto, perché può rubare tanto), se poi noi, alla prima occasione, non ci pensiamo un secondo ad allungare le mani e ad appropriarci di qualcosa che, anche se è a nostra disposizione, non è nostro.

Il dubbio orrendo che mi viene è che la nostra classe politica ci rappresenti molto meglio di quello che noi sosteniamo.

 

venerdì 13 settembre 2013

The Italians are always late. - Gli italiani sono sempre in ritardo.



Here’s a new adventure in Bruxelles, where I had gone to participate to a meeting. Amongst the participants of that working group I’m the only Italian lady, the other ones are French, Belgian, English and, mainly, German.

When  the meeting ended, I asked:

-          Where and what time should we meet to go to the restaurant for the dinner?

A German guy replied:

-          At Grand Place at 7,30. But you can consider to come at 7,00 o’clock, because the Italians are always late.

Then he added:

-          I’m joking.

Yes, I’m sure, I thought. I was annoyed.

It was 5 o’clock. I run to the hotel, on the other side of the city, to take a shower and set down my luggage. I wasn’t late, I could have arrived in time without problems.

Once at the hotel, the receptionist gave me a key-card to open the door of my room. The hotel was huge, there were a lot of rooms and a lot of floors. I went up to my floor, I put the key-card in the electronic lock, I turned the handle, but nothing happened. I tried again, and again, but I couldn’t succeed in opening the door.

I came back to the reception, I complained about this malfunctioning. The receptionist replied to me:

-          You have to insert the key-card, to remove it, and then you can open the door.

-          It’s what I did.

-          Try again, and if it doesn’t work, call us by the phone set in the hallway at your floor.

-          Okay, - and I went up again.

I inserted the key-card, I removed it. The door was still closed. I repeated it the procedure. Nothing happened. I grabbed the handset, I called the reception. I explained. They seemed to have no idea of what I was saying. Finally they assure:

-          The technician is coming.

I’d been awaiting for five minutes, but no technicians appeared on my horizon.

I went down again.

-          Have you inserted the key-card and have you removed it before turning the handle?

-          YES.

-          Okay, I’ll give you another room.

-          That’s would be perfect.

The second door had no problem, I could enter into the room immediately. Then I watched my clock. I WAS LATE! I had lost more than 30 minutes going up and down from my room to the reception. If I had arrived late at the date with my colleagues, how to explain to that German guy that I was late but I wasn’t a guilty of mine? He would never have believed me!

I took  a 5 minutes shower. I run out in a couple of seconds. At 7,30 pm I was at the Grand Place, perfectly in time, and I wasn’t the last one.

The last participant was a Japanese coming from Japan, who had travelled for 21 hours to made a 5 minutes presentation during the meeting. He would have left the day after.

As he was our main guest, he chose the restaurant: the Thai one. Obviously, you come from Japan, you pass through all the world to test a Thai restaurant in Bruxelles. It’s normal.

But, nevertheless, I discovered that I shared many things with that Japanese guy. For example both for Japanese people than for the Italians learning English is a challenge. The pronunciation is difficult, the oral comprehension is impossible, there are too many different accents, there are different words with the same pronunciation, and same letters to be pronounced in different ways. A nightmare, both for the  Japanese than for us.

I talked to the Japanese for a while, I would never had imagined that the Japanese have so many things in common with the Italians. When they are abroad, they don’t like to try the local cooking, but they prefer their own food.

And, who knows, they are always late, maybe.

***

Nuova avventura a Bruxelles, dove ero andata per partecipare ad un meeting. Tra i partecipanti a quel gruppo di lavoro io sono l’unica italiana, gli altri sono francesi, belgi, inglesi e, soprattutto, tedeschi.

Alla fine del meeting ho chiesto:

-          Dove e a che ora ci dobbiamo trovare per la cena al ristorante di questa sera?

 Un tedesco mi ha risposto:

-          Alla Grand Place alle 7,30. Ma tu puoi venire alle 7,00 in punto, perché tanto gli italiani sono sempre in ritardo.

Poi ha aggiunto:

-          Sto scherzando.

Sicuramente, ho pensato. Ero infastidita.

Erano le  5 in punto.  Sono corsa all’hotel, dall’altro lato della città, per fare una doccia e mollare i bagagli. Non ero in ritardo, potevo arrivare alla cena senza problemi.

Una volta all’hotel, la receptionist mi ha consegnato una key-card per aprire la porta della mia stanza. L’hotel era enorme, c’erano un sacco di camera e di piani. Sono salita al mio piano, ho messo la mia key-card nella serratura elettronica, ho girato la maniglia, ma non è successo niente. Ho provato di nuovo, ma non sono riuscita ad aprire la porta.

Sono tornata alla reception, mi sono lamentata del malfunzionamento. La receptionist mi ha risposto:

-          Devi inserire la key-card,  toglierla, e quindi puoi aprire la porta.

-          È ciò che ho fatto.

-          Prova di nuovo, se non funziona chiamaci col telefono che sta nel corridoio del tuo piano.

-          Okay, - e sono salita di nuovo.

Ho inserito la key-card, l’ho tolta. La porta era ancora chiusa. Ho ripetuto la procedura. Non è accaduto niente. Ho afferrato la cornetta del telefono, ho chiamato la reception. Ho spiegato. Sembravano non avere idea di ciò che stessi dicendo. Alla fine hanno assicurato:

-          Il tecnico sta arrivando.

Sono stata ad aspettare per cinque minuti buoni, ma nessun tecnico è apparso al mio orizzonte.

Sono scesa di nuovo.

-          Hai inserito la carta e l’hai rimossa prima di girare la maniglia?

-          Sì.

-          Okay, ti do un’altra stanza.

-          Sarebbe perfetto.

La seconda porta non aveva problemi, sono potuta entrare nella nuova stanza immediatamente. A quell punto ho guardato l’orologio. ERO IN RITARDO!  Avevo perso più di 30 minuti andando su e giù dalla mia stanza alla reception. Se fossi arrivata tardi all’appuntamento con i miei colleghi, come avrei potuto spiegare a quel tedesco che ero sì in ritardo, ma non era colpa mia? Non mi avrebbe mai creduto!

Ci ho messo 5 minuti per la doccia. In due secondi ero fuori. Alle 7,30 stavo alla Grand Place, perfettamente in temo, e non ero nemmeno l’ultima.

L’ultimo ad arrivare fu un giapponese che arrivava dal Giappone e aveva viaggiato per 21 ore per fare una presentazione di 5 minuti durante il meeting. Sarebbe ripartito il giorno dopo.

Siccome era lui l’ospite d’onore, gli abbiamo fatto scegliere il ristorante: ha scelto quello tailandese. Ovviamente, se vieni dal Giappone, attraversi il mondo per provare un ristorante tailandese a Bruxelles. È normale.

Ma, tuttavia, ho scoperto di condividere molte cose con il tizio giapponese. Per esempio sia per i giapponesi che per gli italiani imparare l’inglese è una sfida. (Per loro è ancora peggio). La pronuncia è difficile, la comprensione verbale impossibile, ci sono troppi accenti, ci sono parole diverse con la stessa pronuncia e lettere uguali che si pronunciano in modo diverso. Un incubo, sia per loro che per noi.

Ho parlato col giapponese per un po’, non avrei mai immaginato che i giapponesi avessero tante cose in comune con gli italiani. Quando sono all’estero, non cercano di provare la cucina locale, preferiscono il loro cibo.

E, chissà, sono sempre in ritardo, magari.

lunedì 26 agosto 2013

Conversation amongst gentlemen - Conversazione tra galantuomini


Ok, I’m neither candid nor prudish. I perfectly know that a conversation amongst men can be hard-core or have sexual contents. I can imagine that men discuss about “how many times a month” or “a week” and so on. I suppose also their appreciations when they see a beautiful lady. I visualize also certain kinds of competition when they are in a dressing room. But…

There were 4 gentlemen seated around a table and they were debating about the following issue (and there was an abundance of details on this topic): which is the best between a woolly female main sex organ and a shaved one? They also discussed about the smell released by the above mentioned organ, and in the end of the conversation, they hadn’t returned a verdict yet.

The gentlemen were 4 workmen, they were eating their lunch in the canteen, and I was eating too, seated 50 cm far from them, at the adjacent table, and I felt sick.

I’m still wondering how I could keep from breaking my tray on their heads.

But this is not the only example. On Facebook, let me say, when the singers Paola and Chiara stated that they were disappointed and they were evaluating the possibility to stop their profession, a high number of men commented: “Well, they should make a porn film”.

What a shame. First of all, I’m not a Paola and Chiara fan, but I’m not happy when anyone thinks that his/her dreams aren’t worth it. Their retirement is a defeat and I can’t be cheerful when someone else gives up something he/she liked.

But, however: why is there the common opinion that a beautiful lady is, obviously, a whore? Is it normal that the only alternative, for a pretty woman, is the prostitution?

The world has plenty of gentlemen.

                                                                         *******

Okay, non sono così ingenua e nemmeno puritana. So perfettamente che una conversazione tra uomini può essere pornografica o avere contenuti sessuali. Posso immaginare uomini che discutano di “quante volte al mese” o “alla settimana” e via dicendo. Immagino anche i loro apprezzamenti quando vedono una bella donna. Mi figuro pure un certo tipo di competizioni quando stanno in uno spogliatoio. Però…

C’erano 4 galantuomini seduti intorno a un tavolo e stavano dibattendo, con dovizia di dettegli, circa la seguente questione: il principale organo sessuale femminile è preferibile coperto di peli oppure rasato? Essi discutevano anche dell’odore emanato dal sopracitato organo, e alla fine della conversazione non avevano raggiunto un accordo.

I galantuomini erano 4 operai, stavano consumando il loro pranzo nella mensa aziendale. Io stavo pure mangiando, seduta a 50 cm da loro, nel tavolo adiacente, e avevo solo voglia di vomitare.

Ancora non so come sono riuscita a trattenermi dal fracassare il mio vassoio sulle loro teste.

Ma non è l’unico esempio. Su Facebook, tanto per dire, quando le due cantanti Paola e Chiara hanno annunciato il loro sconforto e di valutare la possibilità di interrompere la loro carriera, un alto numero di uomini ha commentato: “Bene, dovrebbero girare un film porno”.

Che vergogna. Prima di tutto, non sono una fan accanita di Paola e Chiara, ma non sono felice quando chiunque arriva a pensare che il suo sogno non valga più la pena. Il loro ritiro suona come una sconfitta ed io non mi rallegro quando qualcuno rinuncia a fare qualcosa che ama.

Ma, comunque, perché è opinione comune che una bella donna sia necessariamente una puttana? È normale che l’unica alternativa, per una donna piacente, sia la prostituzione?

Il mondo è pieno di galantuomini.

giovedì 11 luglio 2013

The beginning of "Because I'm in love with him" in Spanish!! - L'inizio di "Perché ne sono innamorata" in spagnolo.

Kindly provided by a Spanish penfriend of mine. So exciting!! - Gentilmente tradotto da un mio amico di penna Spagnolo. Che emozione!!
 
 
 
Cabello largo y liso, mirada tristona color café, boca en forma de corazón, semblante diáfano, y expresión algo ausente. Así hubiese descrito Futura a Manuela, su nueva compañera de piso en la residencia universitaria.
Manuela Altimonti parecía buena chica. Se la podría imaginar siempre entre su casa y sus estudios; entre su casa y la iglesia, quizás. Se le figuraba a Futura la versión hogareña de una malograda heroína romántica.
Enviada por sus padres a un internado en una pequeña ciudad no muy lejos de Turín, Manuela todavía no se había habituado a casi nada. Apenas cocinaba. Rara vez hacía la colada. Y se pasaba el día entero aletargada, dormitando sobre sus costosísimos libros de texto.
Definitivamente, Manuela parecía estar fuera de contexto. Contaban que fue enviada allí por sus padres, a la fuerza, para hacerle olvidar a su antiguo novio, particularmente idiota, que le habría engañado con la traidora de su ex.
Era difícil comprender qué cosa atormentaba a aquella chica de ojos nebulosos y soñadores. Ciertamente no eran sus estudios. Probablemente fueran no mas que tristes recuerdos.
Futura hubiese preferido tener un novio infiel a toda aquella nada en la que ahora estaba sumida.
Tras una adolescencia malgastada luchando por Raul T, muchacho infame que jamás fue capaz de corresponder sus sentimientos, y tras su intento infructuoso de consuelo con su hermanastro Nicola, que resulto ser todavía mas mezquino, Futura dio por concluida aquel apartado de amores de juventud, y se dedicó de lleno a una castidad forzada.
Futura quiso muchas veces preguntarle a su atormentada compañera que era todo aquello que le afligía, pero no estaba en aquel momento receptiva para dar consejos sentimentales a nadie; Así que optó por una convivencia pacífica y sin apenas palabras.
Y fuese así, por que a menudo Manuela parecía no percatarse de nada, y mucho menos de su presencia. Y aquello le tranquilizaba, porque era el tipo de mujer a la que le gustaba siempre pasar desapercibida
Pequeña de estatura, con piel color ámbar y una tono purpúreo poco usual, se sentía acomplejada de sus muslos, algo regordetes; aunque cierto era que tampoco se esmeraba en combatir su celulitis. Ganó algo de peso durante sus tiempos de instituto, tiempo en el que estuvo tal vez alimentada en exceso, y adelgazó posteriormente tras muchos viajes, tras el estrés y el estudio, aunque el grosor de sus muslos había quedado todavía ahí. Y, aún pese a su celulitis, no se había percatado de que se había vuelto a quedar delegada, y seguía sintiéndose tan poco deseada como lo estuvo en sus tiempos de instituto. El orden no era una de sus virtudes. La extraversión tampoco lo habría sido.
Matriculada en Ingeniería de Gestión y cursando su segundo año de estudios, conseguía aprobar sus exámenes sin pena ni gloria.
No se sentía hermosa; Tampoco iba a la moda. No le agradaba ir a la peluquería a no ser que fuera por obligación, y lucia siempre sus cabellos negros y largos algo descuidados a diferencia de su compañera de piso, siempre tan bien cuidada, tan limpia… Tan aburrida!
Un día, de forma inesperada, fue Manuela quien rompió el silencio.
- Probablemente te estés preguntando por que lloro con tanta frecuencia…
A Futura le hubiera gustado decir“Realmente no…”








mercoledì 19 giugno 2013

Coming from and going to Frankfurt Airport


Travelling in a foreign country is always interesting. I’ve just come back from Frankfurt. I state in advance that I don’t know Germany very well, I’ve been just in Frankfurt airport and its surroundings a few times, but I think that also the airports are interesting. They are microcosms where you can find whatever.
 
I landed in the evening, so I decided to eat only a sandwich for dinner. I was tired, also speaking English was difficult to me – I don’t speak German at all – so I tried to express a very easy concept “Could you warm up that sandwich?”, but words didn’t come easy to me.

And then, the barman, getting my impasse, asked me:

“Where are you from? What language do you speak?”

“Italian!”

“Oh, well, what is the problem!?” – he told me in a perfect Italian. And starting from that moment our conversation went on in Italian.

“Are you Italian too?”

“No, I’m from Morocco”

“And you speak Italian!”

“Yes, I’ve learnt it here, in Germany, because I attended an Italian community”

Wow, I was surprised.

“And which other languages do you speak?” – I was so curious.

“Oh, well, I don’t know, let me say, French, of course, Arabic, Berbero" - (I'm not able to translate it, but it's the local and most original language in Morocco), -  "Spanish, German… and a bit of English, but no, I don’t like English very much, England is so distant from me and from my culture….”
 
“What are you saying? You speak English better than me!!”

I went away thinking that in Germany a barman speaks 6 languages, whereas in Italy you are cool if your English level is a low-intermediate.
The problem is that Italian companies demand their applicants speak English very well, if they strive for good positions (and even not), but few applicants is able to guarantee this. Is this the reason why there is the crisis? Is it due to insufficient knowledge of foreign languages?
The Italians, how strange are they.

And then, I had to go to my business meeting, the morning after.  So I took a taxi.
The Germans, how strange are they. So tidy, so respectful of the rules, but in their highways they have no speed limits, they drive in a foolish and wild way.
I’m still alive, fortunately.

At the end of the meeting I took a taxi again, sharing it with two colleagues who belong to other companies. All we talked to the driver in English, of course, because none of us spoke German. As long as we discovered that the cabby was 100% Italian. He was an immigrant. Who, obviously, spoke both German and English, of course. Wonderful!

Taxi drivers are often immigrants, abroad. In Belgium, UK and Germany, at least. And they speak at least 3 languages. In Italy, if they aren’t immigrants, they speak just their dialect. But, in fact, I hardly ever take a taxi in Italy.

And finally I arrived at the airport again. I immediately went to the toilet to put on my gym shoes instead of my elegant ones. What a sensation of freedom!
It was a very hot day and my feet hurt. I refreshed my face.
Close to me, a Muslim girl was doing the same. She was pouring her face, her arms, her hair. She smiled. At the end, she wore her black burqa again, you could have seen just her eyes, and she went out, silently.

 

domenica 19 maggio 2013

Ponti spazio-temporali

Ci sono giorni in cui, per pochi attimi, il passato si mischia in modo assolutamente casuale con il presente e ci si trova, ad anni di distanza, in compagnia di persone con cui – Facebook permettendo – si erano persi i contatti. L’aspetto divertente è quando accade contemporaneamente con più persone del passato che si conoscevano tra di loro. Chiamiamole coincidenze. Chiamiamoli ponti spazio-temporali. Mi spiego meglio, con tre esempi.
Era il mio trentesimo compleanno, avevo organizzato una cena in un locale di Torino con una serie di amici ed avevo invitato anche una mia ex compagna di università che viveva e vive tuttora all’estero, che in quel momento era in Italia.
Era una serata strana, c’era il Papa Wojtyla che stava per morire, le televisioni come avvoltoi non aspettavano che di dare la notizia ed in effetti, mentre eravamo lì, l’hanno poi data, intanto che, contemporaneamente, un’altra mia amica mi sussurrava nell’orecchio che aveva appena appreso che presto suo padre sarebbe morto di cancro. E in effetti così sarebbe stato, qualche mese dopo.
Quand’ecco che all’improvviso spuntano dal nulla un altro paio di compagni dell’università, che io non vedevo da un buon lustro, uno dei quali era l’ex ragazzo di quella che vive all’estero.
E ci siamo ritrovati tutti lì, tutti insieme, in pochi metri quadri, come se ci fossimo dati appuntamento, come se cinque anni di vita ed esperienze non fossero mai trascorsi.
Il secondo ponte è più recente, quando poche settimane fa la stessa ex compagna che vive all’estero e un mio amico-ex-fidanzato mi hanno dato appuntamento nella stessa gelateria, lo stesso giorno e alla stessa ora, chiaramente all’insaputa l’uno dell’altra. E ci siamo trovati tutti e tre lì, ognuno di noi con prole al seguito, a contarcela di quanto è dura la vita. Già che c’era è sbucato dal nulla, con famiglia al seguito, un altro compagno di università che non vedevo da almeno otto anni.
Terzo ponte: Salone del Libro 2013, nella giornata di venerdì. Giornata intensa e piacevole di nuove conoscenze, tra cui una coppia di colleghi scrittori che appartiengono alla stessa mia casa editrice. Oltre a ciò incontro nell’ordine, e in momenti diversi, una compagna del liceo che non vedevo da vent’anni e che stava nello stand di fianco al mio, una ragazza con cui cantavo che non vedevo da altrettanti vent’anni e, per finire, il mio co-relatore della tesi di laurea. Cosa c’è di pazzesco in tutto ciò, salvo il piacere di un amarcord in questi incontri fortuiti? Nulla, se non che io ero in compagnia di una ragazza che ha fatto la tesi di master nella nostra azienda e di cui io sono stata il tutor. E in un secondo solo mi sono trovata in mezzo al passato (il professore) e al futuro (la mia amica borsista). E a lei, alla mia amica masterizzata, l’ho detto: “Lo vedi quel signore? Consideralo tuo nonno”.

venerdì 10 maggio 2013

Toro-Juve 1-1, apart from the derby result.

Some months ago I virtually met (on Conversation Exchange) a Danish guy who had fallen in love with Turin and with Juventus Club and had decided to leave Denmark in order to move  to Turin. I don’t know if, meanwhile, he had found the flat he was seeking, and in general if he succeeded in his aim, if he found the apartment of his dreams,  or if he came back to Denmark – living in Italy is hard, just the Italians get by in it, and not always. But – I thought, it was a curious case. Probably Juventus is worth it.

Some days ago I went to Bruxelles due to one of my business trips, and at the gate in Turin Caselle airport I was alone. I was wondering if that was the right gate-time-day-airport, when another passenger (in total we were 5 people on that airplane), came to me and started to chat. He spoke a fluent Italian (but also a fluent English, French, German and Sweden), he had come from Norway, he was going back after a week in Turin. The reason why he had spent the last week in Turin was linked to football: he was a TORO fan, he was at the stadium during last derby.

Well, life is incredible, Juventus collects its fans from Denmark, Torino Calcio directly from Norway. Wonderful. Conclusion: Juve - Toro 1-1, apart from the derby result. J

giovedì 18 aprile 2013

Evasori abroad

Poi non si dica che gli italiani sono gli unici evasori di tasse, perché giuro non è così.
Vi racconto questa.
Per quanto poco mi piaccia lasciare soldi abroad, con la crisi che abbiamo in Italia, ogni anno, quando sono al mare, faccio un saltino in Francia (a Nizza) e vado a rifornirmi di medicinali omeopatici per tutta la famiglia. Chissà perché, lì costano da un mezzo a un terzo di quanto vengono da noi.Così lo scorso agosto, ho fatto rifornimento per la seconda volta nella stessa farmacia e sono uscita talmente carica di borse che a momenti i gestori mi srotolavano il tappeto rosso. Mi hanno riempito di campioncini e gadget e hanno persino regalato una simil-barbie a mia figlia.
Prima che li lasciassi per rimpatriare, mi hanno spiegato, in modo molto friendly, che, contattandoli via mail, avrei potuto anche fare un ordine online. Bastava scrivere l’elenco dei desiderata, attendere che mi formulassero il preventivo e, avvenuto il pagamento con la carta di credito, loro avrebbero provveduto a spedire il pacco.
Così un paio di settimane fa, verificato che con gli omeopatici ero quasi alla frutta (mamma mia che stagione quest’anno… influenza pressoché perenne), mi sono decisa e ho scritto la mia bella mail con l’ordine.Mi hanno risposto in breve con un’unica cifra complessiva, senza scorporarla in voci, e questo mi è piaciuto poco. Ma considerando che in Italia avrei speso comunque di più, alla fine ho accettato e pagato.
Il pacco è arrivato. Tutto perfetto, non mancava niente. Beh, non c’era neanche un campioncino omaggio dentro, ma non formalizziamoci.
Solo che, - ho controllato e ricontrollato, - qualcosa non quadrava. Non c’era traccia di scontrino, né di fattura.  E pensare che nella mail avevo indicato il mio codice fiscale a caratteri cubitali. Se non altro perché avrei piacere di scalarmi la quota dal 730, l’anno prossimo…
Morale: ho scritto una nuova mail. Ho richiesto lo scontrino esplicitamente, ripetendo il mio codice fiscale. Sono passati alcuni giorni e non è successo nulla. Nessun contatto. Nessuno scontrino. Nessuna fattura. Tutti spariti. Alla faccia della nostra friendship.
Sedotta e abbandonata.
Non ho idea di come loro, in Francia, riusciranno (se riusciranno) a giustificare il mio trasferimento di denaro presso le loro casse, né la cosa mi cale.
Ma che non si dica che solo gli italiani sono imbroglioni perché oggi prendo a sberle qualcuno.
Per fortuna Nizza è strapiena di farmacie.

sabato 16 febbraio 2013

A girl and a boy

You gave birth to a girl. She’s nice, pretty and cute. She’s the most beautiful princess you’ve ever seen in your life. She grows up, and she’s your pride: she’s diligent, she’s obedient, and the other parents envy you. She took a degree, she’s socially active, she fights against domestic violence. But one day she met a violent man, who beats up her, who kills her and you, her parent, get desperated, and  you wonder which is your mistake, why you couldn’t defend her, why you couldn’t teach her to defend herself.

You gave birth to a boy. He’s cute, he’s nice. He’s dynamic, vivacious, just a bit exuberant. He practice a lot of sport and physical activities, and this is the reason why he’ your pride, but  exercising  is not enough for him, because he’s still restless and polemic and argumentative, he thinks he’s different from the other boys, so he often argues with other guys and also with his girlfriend: he just argues, he states; he beats up her, his girlfriend says. But one day he exceeds the limits, he’s probably got drunk, but he suddenly kills his girlfriend. And you, his parent, get desperated,  and you wonder which is your mistake, why you couldn’t stop him,  why you couldn’t avoid such a monstrosity, why you couldn’t defend him by himself.

As  a mother, I wonder: is there  an educational path good enough to avoid that our children become another Reeva Steenkamp and another Oscar Pistorius?

(Yes, before any trial, I personally assume O.P. is guilty).

Ti voterò perchè... 20 motivi per votare (o non votare) Berlusconi


Un po’ di tempo fa, alla fine di gennaio, ho pubblicato un post su Facebook che suonava così:
“Io però, giuro, sono veramente curiosa di capire, per cui, vi prego, spiegatemi: voi che voterete Berlusconi, e che vi infastidite ogni volta che lo critico, per cortesia, mi dite perché lo fate? Davvero, non capisco cosa ve ne viene, quale vantaggio pensiate che un uomo del genere possa portare a voi e all'Italia intera. Ditemelo, perché continuo a permanere nel dubbio. Anni fa chi lo votava poteva ancora pensare: "E' un imprenditore abile, se sarà così abile anche con lo Stato Italiano, farà cosa fantastiche". Ma ora ha dimostrato che è buono solo a farsi i fatti suoi, e che mette gente incompetente in posizioni di rilievo. Quali prove sono ancora necessarie per dargli una pedata definitivamente?? Per cui, ve lo chiedo con molta sincerità: quali sono le sue promesse a cui vi fa piacere credere? Perché lo voterete ancora? Per l'ideologia di (centro)destra che lui dice di rappresentare? E' perché è sempre stato dalla parte degli imprenditori? è perché vuole togliere l'IMU? è perché ammirate lui come persona, che, nonostante tutte le vicissitudini, non ha perso smalto? Io spero che qualcuno mi risponda, perché in caso contrario dedurrò che nessuno lo voterà, o, come sempre si verifica, in molti lo voteranno ma non avranno mai il coraggio di dirlo”.
E infatti, come volevasi dimostrare, al mio post è seguita una standing ovation da parte degli anti-Berlu e il silenzio totale da parte dei pro-Berlu.
L’alternativa è che tutti i miei contatti siano anti-Berlu, il che sarebbe auspicabile ma non è così.
E allora, caro Berlu, ci ho provato io a capire perché qualcuno ti voterà ancora. Ho cercato di immedesimarmi nel cervello e nel portafoglio dei tuoi fan e sono giunta alle seguenti conclusioni:
Caro Silvio B., nel buio della mia urna, pregando perché tu esca un’altra volta, ti voterò perché:
1.       Perché sono un piccolo imprenditore/libero professionista e tu da sempre  sei il mio santo protettore.
2.       Perché hai promesso che restituirai l'IMU e un sacco di altre cose.
3.       Perché ti conosco personalmente e mi hai fatto un favore.
4.       Perché ti conosco personalmente e mi hai promesso un favore.
5.       Perché sono un comico e non voglio rischiare di rimanere senza lavoro (chi sfotto, poi, sennò?)
6.       Perché stai con la Lega e io non voglio  terroni ed extracomunitari al Nord.
7.       Perché a me dei diritti civili dei gay non me ne importa un fico secco, anzi, al rogo i gay che sono contro natura.
8.       Perché ce le avessi io le donne che hai tu…
9.       Perché sono una escort e devo continuare a lavorare.
10.   Perché il Duce in fondo non era così male.
11.   Perché i comunisti, si sa, mangiano i bambini.
12.   Perché ce ne fossero di uomini come te che a quasi ottant’anni si svegliano tutte le mattine per andare a lavorare.
13.   Perché ce li avessi io i soldi che hai tu.
14.   Perché ce l’avessi io il fascino che hai tu.
15.   Perché hai comprato Balotelli.
16.   Perché per Canale 5 non si paga il canone.
17.   Perché Mediaset è un’azienda che va bene.
18.   Perché la tua vita privata non c’entra proprio nulla con la tua vita pubblica.
19.   Perché nei dibattiti in tv le tue argomentazioni sono sempre le più convincenti e l’Italia è indubbiamente in vacca per colpa dei comunisti.
20.   Perché i sogni e il fumo che vendi sono sempre meglio della cruda realtà in cui ci troviamo.
A tutti quelli che per queste od altre fantasiose motivazioni vorranno andare a votare Silvio Berlusconi alle prossime elezioni auguro un attacco di dissenteria ininterrotto che neanche l’Imodium possa ovviare.
An explanation for my non Italian followers: be sure, this was an article against Mr. Bunga Bunga Berlusconi. I never voted him and I’ll never do it.

Un errore di gioventù

Un errore di gioventù
Futura è incinta per la seconda volta e a Patrick sembra che il loro mondo sia perfetto, ma una notizia dal passato potrebbe scombinare tutto. Patrick infatti viene contattato da una sua ex, Arlene, che gli confessa di avere una figlia quasi adolescente, che potrebbe essere sua. Lui però non ha il coraggio di rivelarlo alla moglie.

L'occasione di una vita

L'occasione di una vita
Tre donne, tre occasioni per cambiare la propria vita. A Londra Futura rimane inaspettatamente incinta, ma Patrick inizialmente non è disposto ad accettare l'idea di diventare padre. Tra i due conviventi scende a lungo il gelo, finché il ragazzo, intenerito dall'ecografia del piccolo, decide di rivedere le proprie posizioni. Non fa in tempo però a manifestare le sue intenzioni che Futura perde il bambino e in conseguenza di ciò decide di allontanarsi, non essendosi sentita sufficientemente amata e capita durante la pur breve gestazione. A Torino Massimo e Ljuda, sposati e con due bambini, si dividono tra lavori part-time e la gestione della Casa di Accoglienza, struttura che si occupa di ospitare donne vittime di violenza che tentano di rimettere insiemi i cocci della loro vita. Ljuda però non è felice, le pesa la perenne carenza di soldi e decide, senza il benestare del marito, di partecipare al Reality più famoso d'Italia, dove è stata scritturata come concorrente, per dare una svolta alla sua esistenza.

Perché ne sono innamorata

Perché ne sono innamorata
Quanti modi ci sono per innamorarsi? E quanti per esprimere l’amore? Come inizia una storia duratura? La sognatrice Manuela, l’introversa e concreta Futura, la tenace Ljuda e la rassegnata Martina sono alle prese, rispettivamente, ma non sempre biunivocamente, con un promesso sposo altrui e inaffidabile, un ragazzo affascinante ma affetto da una patologia genetica, un seminarista e un fidanzato arrogante e violento. Impareranno, a loro spese, a discernere le relazioni sane da quelle malate.

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Sono nata a Torino nel 1975 dove ancora risiedo e lavoro. Ho pubblicato qualche romanzo e ogni tanto condivido sul blog i miei pensieri.