Here’s a new adventure in Bruxelles, where I had gone to
participate to a meeting. Amongst the participants of that working group I’m
the only Italian lady, the other ones are French, Belgian, English and, mainly,
German.
When the meeting ended,
I asked:
-
Where and what time should we meet to go to the
restaurant for the dinner?
A German guy replied:
-
At Grand Place at 7,30. But you can consider to come
at 7,00 o’clock, because the Italians are always late.
Then he added:
-
I’m joking.
Yes, I’m sure, I thought. I was annoyed.
It was 5 o’clock. I run to the hotel, on the other side of
the city, to take a shower and set down my luggage. I wasn’t late, I could have
arrived in time without problems.
Once at the hotel, the receptionist gave me a key-card to
open the door of my room. The hotel was huge, there were a lot of rooms and a
lot of floors. I went up to my floor, I put the key-card in the electronic
lock, I turned the handle, but nothing happened. I tried again, and again, but
I couldn’t succeed in opening the door.
I came back to the reception, I complained about this
malfunctioning. The receptionist replied to me:
-
You have to insert the key-card, to remove it,
and then you can open the door.
-
It’s what I did.
-
Try again, and if it doesn’t work, call us by
the phone set in the hallway at your floor.
-
Okay, - and I went up again.
I inserted the key-card, I removed it. The door was still
closed. I repeated it the procedure. Nothing happened. I grabbed the handset, I
called the reception. I explained. They seemed to have no idea of what I was
saying. Finally they assure:
-
The technician is coming.
I’d been awaiting for five minutes, but no technicians appeared
on my horizon.
I went down again.
-
Have you inserted the key-card and have you
removed it before turning the handle?
-
YES.
-
Okay, I’ll give you another room.
-
That’s would be perfect.
The second door had no problem, I could enter into the room
immediately. Then I watched my clock. I WAS LATE! I had lost more than 30
minutes going up and down from my room to the reception. If I had arrived late
at the date with my colleagues, how to explain to that German guy that I was
late but I wasn’t a guilty of mine? He would never have believed me!
I took a 5 minutes
shower. I run out in a couple of seconds. At 7,30 pm I was at the Grand Place, perfectly in time, and I wasn’t the
last one.
The last participant was a Japanese coming from Japan, who
had travelled for 21 hours to made a 5 minutes presentation during the meeting.
He would have left the day after.
As he was our main guest, he chose the restaurant: the Thai
one. Obviously, you come from Japan, you pass through all the world to test a
Thai restaurant in Bruxelles. It’s normal.
But, nevertheless, I discovered that I shared many things
with that Japanese guy. For example both for Japanese people than for the
Italians learning English is a challenge. The pronunciation is difficult, the oral
comprehension is impossible, there are too many different accents, there are
different words with the same pronunciation, and same letters to be pronounced
in different ways. A nightmare, both for the Japanese than for us.
I talked to the Japanese for a while, I would never had
imagined that the Japanese have so many things in common with the Italians.
When they are abroad, they don’t like to try the local cooking, but they prefer
their own food.
And, who knows, they are always late, maybe.
***
Nuova avventura a
Bruxelles, dove ero andata per partecipare ad un meeting. Tra i partecipanti a
quel gruppo di lavoro io sono l’unica italiana, gli altri sono francesi, belgi,
inglesi e, soprattutto, tedeschi.
Alla fine del
meeting ho chiesto:
-
Dove
e a che ora ci dobbiamo trovare per la cena al ristorante di questa sera?
Un tedesco mi ha risposto:
-
Alla Grand Place alle 7,30. Ma tu puoi venire alle 7,00 in punto, perché tanto
gli italiani sono sempre in ritardo.
Poi ha aggiunto:
-
Sto scherzando.
Sicuramente, ho
pensato. Ero infastidita.
Erano le 5 in
punto. Sono corsa all’hotel, dall’altro lato della città, per fare una doccia e
mollare i bagagli. Non ero in ritardo, potevo arrivare alla cena senza problemi.
Una volta all’hotel,
la receptionist mi ha consegnato una key-card per aprire la porta della mia
stanza. L’hotel era enorme, c’erano un sacco di camera e di piani. Sono salita
al mio piano, ho messo la mia key-card nella serratura elettronica, ho girato
la maniglia, ma non è successo niente. Ho provato di nuovo, ma non sono
riuscita ad aprire la porta.
Sono tornata alla
reception, mi sono lamentata del malfunzionamento. La receptionist mi ha
risposto:
-
Devi
inserire la key-card, toglierla, e
quindi puoi aprire la porta.
-
È ciò
che ho fatto.
-
Prova
di nuovo, se non funziona chiamaci col telefono che sta nel corridoio del tuo
piano.
-
Okay,
- e sono salita di nuovo.
Ho inserito la
key-card, l’ho tolta. La porta era ancora chiusa. Ho ripetuto la procedura. Non
è accaduto niente. Ho afferrato la cornetta del telefono, ho chiamato la
reception. Ho spiegato. Sembravano non avere idea di ciò che stessi dicendo. Alla
fine hanno assicurato:
-
Il
tecnico sta arrivando.
Sono stata ad
aspettare per cinque minuti buoni, ma nessun tecnico è apparso al mio orizzonte.
Sono scesa di
nuovo.
-
Hai
inserito la carta e l’hai rimossa prima di girare la maniglia?
-
Sì.
-
Okay,
ti do un’altra stanza.
-
Sarebbe
perfetto.
La seconda porta
non aveva problemi, sono potuta entrare nella nuova stanza immediatamente. A quell
punto ho guardato l’orologio. ERO IN RITARDO!
Avevo perso più di 30 minuti andando su e giù dalla mia stanza alla
reception. Se fossi arrivata tardi all’appuntamento con i miei colleghi, come
avrei potuto spiegare a quel tedesco che ero sì in ritardo, ma non era colpa
mia? Non mi avrebbe mai creduto!
Ci ho messo 5
minuti per la doccia. In due secondi ero fuori. Alle 7,30 stavo alla Grand
Place, perfettamente in temo, e non ero nemmeno l’ultima.
L’ultimo ad
arrivare fu un giapponese che arrivava dal Giappone e aveva viaggiato per 21
ore per fare una presentazione di 5 minuti durante il meeting. Sarebbe
ripartito il giorno dopo.
Siccome era lui l’ospite
d’onore, gli abbiamo fatto scegliere il ristorante: ha scelto quello
tailandese. Ovviamente, se vieni dal Giappone, attraversi il mondo per provare
un ristorante tailandese a Bruxelles. È normale.
Ma, tuttavia, ho
scoperto di condividere molte cose con il tizio giapponese. Per esempio sia per
i giapponesi che per gli italiani imparare l’inglese è una sfida. (Per loro è
ancora peggio). La pronuncia è difficile, la comprensione verbale impossibile,
ci sono troppi accenti, ci sono parole diverse con la stessa pronuncia e
lettere uguali che si pronunciano in modo diverso. Un incubo, sia per loro che
per noi.
Ho parlato col
giapponese per un po’, non avrei mai immaginato che i giapponesi avessero tante
cose in comune con gli italiani. Quando sono all’estero, non cercano di provare
la cucina locale, preferiscono il loro cibo.
E, chissà, sono
sempre in ritardo, magari.
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