Nella toilette
femminile del mio ufficio, la più frequentata del comprensorio, accade che ogni
tanto qualche anima pia porti da casa e metta a disposizione un flacone di
sapone per le mani per il mero gusto di rinfrescarsi con qualcosa di più
gratificante e meno aggressivo del prodotto che l’azienda fornisce di default
nell’erogatore a muro.
Accade così che
qualche giorno fa, dopo aver per settimane usufruito a man bassa dei saponi
altrui dalle fragranze più disparate abbia deciso anche io di dare il mio contributo
di soap-sharing. Pertanto, lo scorso 10 ottobre, giovedì, me ne sono arrivata
con un flacone da un litro e dal prezzo particolarmente conveniente che trovo
in una catena di prodotti per l’igiene personale che sta vicino a casa mia.
Premetto anche che avevo scelto quel sapone liquido perché molto delicato e
veramente gradevole nonostante il prezzo contenuto a cui viene venduto.
Dunque giovedì
scorso il mio flacone di cui andavo tanto fiera troneggiava sul lavandino.
Venerdì pure. Oggi, lunedì 14 ottobre 2013, era già sparito.
Dissolto,
dileguato, RUBATO.
E dire che il mio
detergente non era di marca, non era un pezzo di pregio, ma un umile flacone da
discount.
Chi sarà il ladro
o più probabilmente la ladra? Non sono una profiler, e la scelta nell’identikit
è ampia e spazia dall’impiegata media alla dirigente, dall’operaia alla donna
delle pulizie e passa anche per l’addetta alla mensa. Insomma, chiunque
potrebbe essersi intascata il mio sapone, e io non ho il potere di accusare
nessuno nello specifico, ma quando costui, o meglio, costei, ricapiterà da
quelle parti troverà il mio cartello appeso vicino allo specchio:
“Giovedì 10
ottobre ho portato un sapone mani e viso al profumo di talco e iris che nelle
mie intenzioni doveva essere a disposizione di tutti e che oggi, lunedì 14, è
già sparito, probabilmente nelle tasche di uno solo (o una sola). Al ladro/a
volevo dire che costava solo 2,35 euro, quindi il danno non è economico, però,
cavoli, l’ingordigia è brutta, eh? Comunque complimenti, ci lamentiamo dei
politici, ma poi noi, nel nostro piccolo…”
Cartello che è
stato approvato e accolto con soddisfazione anche da quel paio di anime candide
che come me si sono viste sottrarre, in precedenza, il sapone che avevano
portato loro, e che non porteranno mai più. Ma questo l’ho scoperto solo dopo.
Perché,
diciamolo, l’ingordigia non ha colore, non ha classe sociale, non ha uno
status: è trasversale. Non ha neppure un profumo preferito: l’ultimo sapone
indebitamente sottratto prima del mio odorava di pesca.
È inutile
lamentarsi perché la casta ruba (e ruba tanto, perché può rubare tanto), se poi
noi, alla prima occasione, non ci pensiamo un secondo ad allungare le mani e ad
appropriarci di qualcosa che, anche se è a nostra disposizione, non è nostro.
Il dubbio orrendo
che mi viene è che la nostra classe politica ci rappresenti molto meglio di
quello che noi sosteniamo.
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