L’anno scorso, nel nostro ufficio, è venuto a lavorare un
neolaureato desideroso di imparare. Era un giovanotto dinamico, brillante e
promettente, ed essendo così dinamico, brillante e promettente, in capo a un
anno ha subito trovato un altro impiego molto meglio retribuito.
Giustamente.
Ad ogni modo, lui mi scrive, di tanto in tanto. Mi spiega
com’è costituito l’ufficio nuovo e mi racconta la difficoltà di imparare il nuovo
mestiere. Nel complesso gli piace, anche se, ovviamente, si tratta di un mondo
tutto da scoprire e l’ansia di non essere sempre all’altezza, almeno
nell’immediato, un po’ lo rode.
C’era un solo dettaglio che il nostro eroe rimpiangeva della
vecchia azienda: la ciotola dell’insalata in mensa. In pratica ha lasciato un
ricco e lauto piatto di verdure fresche per una ciotolina di dimensioni
minuscole, microscopiche. Un unico neo nella gloriosa ascesa, una sola pecca
nella nuova azienda fantastica e accattivante che lo ha accolto a braccia
aperte.
Ma ho scritto “c’era”, al passato, a ragion veduta. Nel
frattempo si è verificato un allineamento dello standard.
No, non hanno ingrandito la sua ciotola. Hanno rimpicciolito,
non di poco, la nostra. Lunedì scorso all’ora di pranzo, et voilà, la sorpresa
amara quanto la cicoria, poca, che ci stava dentro.
Ho subito informato il nostro ex collega della novità, almeno
non rimpiangerà proprio più nulla. Perché se qua dentro dobbiamo modificare
qualcosa per renderci conformi con le altre realtà…
E, come ho scritto pure a lui: “Vorrei dire che sputo nel
piatto in cui mangio, ma è diventato così piccolo che temo di non riuscire a
centrarlo, e non è (solo) una metafora”.
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