Editore: SBC
Uscita: gennaio 2010
Disponibile in versione cartacea e ebook
C’è una sola cosa
che non ho compreso del libro “La bestia nel corpo dell’angelo” di Sheyla
Bobba: perché qualcuno l’ha odiato e criticato? Così sta scritto, proprio all’inizio,
e sinceramente non ne vedo il motivo.
“La bestia nel corpo dell’angelo” racconta la
Fibromialgia, malattia non mortale ma invalidante, anche se in Italia non è
riconosciuta come tale, ne descrive dettagliatamente cause e sintomi. Ma questo
libro non è un compendio di medicina, anzi, è la testimonianza della malattia
vissuta dal punto di vista di chi ne porta il peso e da chi vuole, pretende di
far sentire la propria voce. Pertanto l’elenco dei sintomi, quando presente, è funzionale
a farne comprendere tutte le implicazioni, a spiegare a chi non sa, perché
veramente non sa e non ha mai provato, cosa significa sentire male alle braccia
e alle gambe costantemente, cosa vuol dire essere rallentati in tutto e fare il
doppio della fatica per raggiungere i risultati che gli altri ottengono senza sforzo. Perché purtroppo è lì che si
innesta il pregiudizio, è quando la gente crede che in fondo tu sia svogliata,
o depressa, o lagnosa, che il tuo sia un problema “psicosomatico” e come tale
assolutamente immaginario. È quando ti
chiede prestazioni che non sei in grado di fornire, oppure, al contrario, ti
tratta pietosamente come una bambola di porcellana. È quando neanche i medici talvolta
ti danno corda, perché non sono abbastanza aggiornati, perché sono convinti che
i “veri malati” siano altri. Invece la Fibromialgia è qualcosa di reale e, a
tutt’oggi, di scientificamente rilevabile, anche se lo stato ancora non se n’è accorto. E quindi vorrei dire GRAZIE a
Sheyla Bobba, per aver condiviso un pezzo della sua vita, per averci fatto
assaggiare quanto il gesto più banale possa essere spossante per un malato di
Fibromialgia, per averci fatto immedesimare nella sua quotidianità, e tutto ciò
senza vittimismo anzi, al contrario, con grande grinta e coraggio. Sheyla Bobba
ci parla di sé, del suo problema, lo dettaglia in tutti i risvolti, ma non si
piange addosso. Ci informa e ci fa identificare con lei. Solo così possiamo
comprendere, e non compatire.© Copyright Elena G. Santoro giugno 2014
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