Di ritorno dalla
mia millesima trasferta di lavoro sono rientrata con l’influenza. Febbriciattola,
un quintale di nausea, lo stomaco sottosopra, non vi dico il volo di ritorno. Era
un mercoledì ed ero talmente sfatta e demotivata che mi sono detta: non ho
voglia di fare niente, voglio solo starmene nel letto, per i fatti miei, a
leggere e dormire. Non voglio nemmeno aprire Facebook fino a domenica!
E in effetti, il
giorno dopo, il giovedì, così è stato. Ma al venerdì, che già stavo meglio, mi
sono detta: magari una sbirciatina, poi torno fuori dal mondo. Ho aperto e
trovato la richiesta di amicizia di un transessuale brasiliano, con tanto di
mail che esordiva con: “Ciao Caro”. Ho immediatamente richiuso e mi sono
rintanata nuovamente nel mio guscio casalingo, fiera della mia decisione.
Però, quando ho
sbirciato nuovamente, in uno dei gruppi di cui faccio parte è comparsa la
notizia della morte di una signora che conoscevo. Premetto che questo gruppo di
Facebook è la ricomposizione “virtuale” di una comunità assolutamente reale, di
cui facevo parte anni fa e che Facebook ha aiutato a ricostituire.
E che dire della
giornalista che mi contattava per un’intervista sul mio nuovo libro?
E quindi mi sono
arresa, e mi sono connessa di nuovo, perché in realtà non c’è separazione tra vita
reale e vita virtuale, quando le persone con cui sei collegato su Facebook sono
le stesse che ami, o le stesse con cui lavori. In fondo il motto di Facebook
era: “ti aiuta a restare in contatto con le persone della tua vita”. Beh, direi
che ha mantenuto la promessa.
Il che non significa non stare attenti alle truffe... :-)
© Copyright Elena G. Santoro Febbraio 2014
© Copyright Elena G. Santoro Febbraio 2014
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