I gemelli
di Elena G. Santoro
- Perché te ne stai lì imbambolato? Muoviti, dai! – mi urla Luca, e io penso che
stavolta abbiamo fatto un vero casino.
Siamo proprio nei guai fino al collo.
- Su, avanti, dobbiamo andarcene di qua. Scappiamo prima che ci becchino!
Scappiamo, certo. È quello che stiamo facendo. Abbiamo appena incendiato la
biblioteca della scuola, nel locale le fiamme si stanno sprigionando, forse è meglio
darsi una mossa. Luca mi prende per un braccio:
- Dai, Ste’. Se ci beccano siamo nella merda! – mi incita Luca.
Devo solo scavalcare il muro di cinta da cui siamo entrati. Questa bravata ce la siamo
preparata bene da quando Ale ha scoperto che si poteva entrare nel cortile da un
punto in cui la recinzione era stata lesionata, e dopo che Ruggero, detto Ruggito, è
riuscito a rubare le chiavi ad Augusto, il bidello disabile che sta in portineria. A quel
punto l’idea a Luca è venuta da sé. E naturalmente io mi sono fatto coinvolgere,
perché non ho mai saputo dire di no a Luca, da quando siamo nati. Luca è il mio
fratello gemello. Siamo identici, due gocce d’acqua. Stessi capelli biondi, stessi occhi
azzurri. Stessa età, sedici anni, anche se lui è nato quattro minuti prima di me. La
gente ci confonde sempre, anche le ragazze. Così non posso affermare con sicurezza
che la tipa con cui sono uscito l’anno scorso per un mese volesse proprio me, oppure
Luca, che obiettivamente è sempre stato più spigliato e più estroverso. Il dubbio mi è
venuto quella volta che ci stavamo baciando e lei mi ha sussurrato:
- Luca, cioè, volevo dire, Stefano…
Così ci siamo lasciati. Non posso certo dire che la mia vita sentimentale sia stata molto
ricca, finora. A parte quell’altra parentesi, quando sono uscito con Marina, la nostra
compagna di classe con i capelli rossicci e gli occhiali. Quella muore dietro a Luca
dalla prima, e ora siamo alla fine della seconda. Ma Luca la sfotte sempre. La prende
in giro perché è una secchiona. Così una volta le ha dato appuntamento e poi ha
mandato me al suo posto. Voleva sapere che effetto faceva, ma senza starci per
davvero. E poi voleva riderci sopra insieme agli altri: Ale e Ruggito, che pendono dalle
sue labbra ogni volta che fa una battuta. Solo che Marina se n’è accorta. Come mi ha
visto arrivare da lontano, mi ha detto:
- Stefano, perché sei venuto tu, anziché tuo fratello?
Allora ho dovuto spiegarle che lui non poteva. Non me la sono sentita di fingere. Non
si meritava una tale bastardata. E tanto, comunque, mi aveva scoperto. Forse lei è
l’unica che ci riconosce. Non so da cosa l’abbia capito che ero io e non lui. Mi ero
fatto persino la riga dei capelli dalla sua parte. Il look poi è lo stesso. Stessi abiti, stesso
stile. Luca, quando gli ho detto di come era andata con Marina, non era contento. Ma
non si è neppure arrabbiato. Sa che gli voglio bene, che gli sono molto legato. Siamo
in classe insieme dai tempi dell’asilo. La mamma non ci ha mai voluto separare, anche
se le hanno detto che “didatticamente non era corretto”. Per questo sono vicino a
Luca, e in genere lo seguo in tutte le sue imprese. Lui è sempre stato pieno di buone
idee, molto fantasiose.
Solo che questa volta abbiamo esagerato. Nonostante tutte le nostre precauzioni, ci
hanno sgamato subito. Le telecamere di sorveglianza hanno ripreso tutte le nostre
gesta, dalla prima all’ultima. Così ora noi quattro gloriosi eroi ce ne stiamo tutti in
presidenza, al cospetto del dirigente scolastico e dei nostri genitori. Papà è scuro in
volto. Per evitare una denuncia, le alternative sono due: pagamento di tutti i danni, ore
di lavoro al servizio della scuola e sospensione per una settimana. Oppure pagamento
dei danni e ritiro immediato dal liceo.
Quando usciamo, i nostri compagni sono nei corridoi e ci osservano increduli. C’è
anche Marina che mi lancia uno sguardo deluso, e lo lancia a me, non a Luca, ed io
vorrei sprofondare.
A cena Luca piagnucola:
- Papà, ritiraci! Se dobbiamo metterci a lavorare perdiamo l’anno. Tanto i nostri
voti sono così bassi, in ogni caso non recupereremmo più.
Quando deve intortarsi papà, Luca è tutto fuorché sborone: è un gran ruffiano.
Nostro padre non è fiero di noi in questo momento, e sicuramente ci castigherà, ma
sa anche lui che una bocciatura è peggio che un ritiro, sul curriculum. E sa pure che i
nostri voti non sono affatto buoni. Alla fine del primo quadrimestre avevamo
entrambi quattro materie sotto. Quindi papà accontenterà Luca.
Se non che, io non sono d’accordo. Poso la forchetta e dico:
- Luca, ritirati pure tu, se vuoi. Io accetto la sospensione e le ore di lavoro extra.
Voglio mettermi sotto e studiare, voglio essere promosso.
Luca mi lancia un’occhiata feroce, un misto di disapprovazione completa e curiosità.
La mia uscita non era proprio prevista.
- Cazzo dici, Ste’?
Papà mi osserva con interesse:
- Sei davvero sicuro, Stefano?
Io penso che voglio bene a Luca. Lo ammiro molto, per certi versi. Ma io non avrei
mai incendiato la scuola, di mia iniziativa. E forse la mia vita sarebbe diversa se mi
assumessi le mie responsabilità, qualche volta. Se devo pagare, voglio che sia per le
cavolate che faccio di mia volontà, non per le sue.
- Sì, - confermo.
E adesso, dopo tre mesi bestiali, in cui ho studiato come un dannato per recuperare le
insufficienze e prestato servizio tre pomeriggi alla settimana come aiuto del bidello
disabile Augusto, sto aspettando che i cancelli del liceo aprano per vedere i voti
esposti.
Marina è qui e mi tiene la mano. È la mia ragazza adesso, e so che mi apprezza per
come sono. Luca, dopo il ritiro, è stato spedito a lavare auto dal benzinaio vicino a
casa, e ora medita di riscriversi in seconda a settembre.
- Comunque vada, sono fiera di te! – mi dice Marina, stampandomi un bacio
sulla guancia.
E io sono fiero di lei per tutte le sere che mi ha dedicato aiutandomi a studiare e a
recuperare un voto dopo l’altro.
Si spalancano i cancelli. Non ho il coraggio di guardare. Matematica era ancora incerta.
Apro gli occhi e ho un tuffo al cuore: Promosso!
© Copyright Elena G. Santoro febbraio 2014