Succede a volte
che le persone abbiano un’affinità tra loro, ma anche, cosa più insolita a
dirsi, che ce l’abbiano i libri.
Tutto è
cominciato quando Argeta Brozi, l’instancabile editrice di Butterfly, casa da
lei stessa fondata, per fare propaganda ad uno dei suoi libri ha postato su Facebook la seguente domanda:
Una persona
mentalmente malata ha diritto (e possibilità) di trovare l’amore?
Il quesito su di
me ha fatto centro, perché è un tema a cui sono sensibile e che ho trattato
pure io, nel mio primo romanzo “Perché ne sono innamorata”.
E così ho
acquistato il romanzo fulcro della discussione sul post, scritto da un’autrice giovanissima (Valentina Bazzani), dal titolo
“L’amore non si nega a nessuno”.
Il romanzo è
molto breve, scritto bene e in modo scorrevole, si legge tutto d’un fiato in
poche ore. Per me è stato una rivelazione, perché man mano che mi addentravo
tra le pagine trovavo delle affinità con il mio romanzo. Il protagonista
maschile, bello e affascinante, si chiama Patrick, come pure il mio
protagonista, e ha un padre imprenditore parecchio ingombrante da cui cerca in
vario modo di affrancarsi, fino a dover compiere scelte estreme. E già queste erano somiglianze abbastanza simpatiche. Ma quando ho
scoperto che i nostri Patrick avevano in comune pure il cognome (Sartori, il
suo, Sartoris il mio), sono caduta letteralmente dalla sedia.
(Per i
malpensanti: no, al plagio non penso nemmeno, se uno plagia non è così fesso da
mantenere lo stesso identico nome, insomma).
E queste sono le
analogie. Poi cominciano le differenze, e anche queste sono sostanziali.
Nel caso del
libro di Valentina Bazzani, il malato non è Patrick, ma Ellen, la ragazza di cui lui
si innamora, che soffre della malattia bipolare.
Nel mio caso il
malato "ufficiale" è proprio Patrick, il quale però, a differenza di Ellen, soffre di una malattia
fisica, che per quanto invalidante, per quanto possa incidere sul suo umore, non
lo conduce mai alla psicosi (al limite lo rende un po' ansioso e nevrotico).
Chi vuole
indagare la malattia mentale, in “Perché ne sono innamorata” deve invece prestare
attenzione al personaggio di Giulio, che è, come verrà appurato in capitoli
successivi della saga, un borderline con un piede già avviato verso la psicopatia, cosa
che lo conduce a diventare aggressivo e violento (il che lo fa rientrare ancora in una terza categoria, a parte).
E quindi qual è
la morale? Un malato ha diritto a un matrimonio, a un compagno, alla felicità? Probabilmente dipende dal tipo di malattia e dalla sua gravità. Dipende anche se si cura. Generalizzare è impossibile e non ha alcun senso. Quindi non c'è una risposta, ma solo qualche spunto di riflessione, almeno per me che scrivo.
Le conclusioni a cui la Bazzani ed io giungiamo nei nostri romanzi alla fine sono opposte, o comunque non sovrapponibili. Lei nel suo libro, molto dolce e tenero, non esclude questa possibilità, nonostante la fatica e l’impegno che il partner “sano” è costretto a metterci. E se poi così non accade (ma magari accade!), ci si può sempre consolare pensando di aver letto una bella "fiaba", che se non altro ci ha fatto deliziosamente sognare, e lo ha fatto più che degnamente, per alcune ore. D'altronde lo stesso assunto della Bazzani viene supportato dal libro autobiografico "Una vita bipolare" di Marya Hornbacher, uno dei romanzi più struggenti che mi sia mai capitato di incrociare, che mi ha portato più volte alle lacrime, come difficilmente mi accade. Marya Hornbacher ha una vita talmente complicata che è difficile immaginarselo, eppure ha trovato un marito che la ama sinceramente. Mi risulta che sia ancora sposata.
Anche John Nash, schizofrenico protagonista del film "A beautiful mind" (tratto da storia vera), vive una vita serena e sentimentalmente appagata quando inizia a controllare il suo problema (lui lo fa addirittura senza medicine!).
Di fatto, negli ultimi anni mi è capitato di conoscere, a distanza di tempo, un paio di persone, un LUI e poi una LEI, che erano un po' "strani", un po' scollati con la realtà, che vivevano faticosamente nel loro mondo reputando gli atti altrui come trame ordite ai loro danni e che, pur non facendo del male a nessuno (se non gravare il prossimo col loro cattivo umore nella fase down), a tutt'oggi - sono quarantenni - non hanno mai avuto una relazione stabile. Attualmente ancora non so di preciso quale sia la diagnosi su questi due individui, se ce n'è una (propendo per la schizofrenia nel caso della LEI, ma io non sono una specialista e non posso che azzardare), ma di sicuro i due personaggi in questione rientrano nella categoria dei disturbati e, gira e rigira, sono soli. Sono soli e anche poco inseriti nel tessuto sociale, anche se entrambi lavorano. Alternano periodi di apparente normalità, o comunque, di relativa quiete, ad altri in cui affermano cose che non stanno né in cielo né in terra, lanciando accuse improponibili per la loro assurdità. Farebbero ridere se non fosse per la tristezza della situazione. La conseguenza è che gli amici mal li sopportano e i colleghi d'ufficio non ci vogliono aver niente sta spartire. Perché se è pur vero che l'amore non si nega a nessuno, e che essere amati è un diritto di tutti, è anche vero che una persona che nella vita quotidiana vede complotti ovunque e che quando ti racconta le sue ansie lo fa in modo talmente confusionario che non capisci neppure di chi stia parlando, è pesante da sopportare e ben difficile da gestire. La vorresti aiutare, come amico almeno, ma vedi che non ci riesci. Figuriamoci come innamorato. Purtroppo, anche volendo amare una persona del genere, non siamo tutti dei Patrick Sartori.
Non ho certezza che i miei due conoscenti fossero/siano in cura o meno, (la LEI non lo è, non si cura e non riconosce il suo problema, e temo sia questo il motivo per cui è ancora sola), e forse è anche questa la differenza con la Ellen del libro della Bazzani, che invece è sotto controllo. Ellen si cura e quando lo fa è stabile, quindi conduce una vita normale. E magari anche la patologia è diversa, quindi non è corretto fare di tutta l'erba un fascio. Però mi ritrovo nella dinamica della loro malattia: latente, per un po', e poi, per qualche motivo (cambiamento del clima, sospensione delle cure), esplosiva ad un certo punto.
Quindi io, che sono un
po’ più vecchia della Bazzani, e decisamente più cinica, oppure semplicemente segnata
da esperienze diverse, credo senza ombra di dubbio che con un malato “fisico”
si possa avere un rapporto, mentre con un malato “mentale” no, SE la malattia
mentale implica costante impossibilità di dialogo e di ragionamento, come capita con il mio LUI e la mia LEI e a tutti quelli che non riconoscono di avere un problema e non lo trattano.
Peggio ancora se, oltre all'impossibilità di dialogo, conduce in una spirale perversa un partner che per sopportare gli umori alterni del compagno instabile accetta persino la violenza, fisica e psicologica. Un borderline al pari del mio Giulio è questo, per lo meno in certi casi. (La mia tesi è a mia volta supportata da uno dei romanzi di Carofiglio, "Ad occhi chiusi". Il borderline che intendo io, come l'ho conosciuto io, è esattamente del tipo che lui descrive). Si può essere pietosi con un borderline-quasi psicopatico, si può provare umana comprensione, ma di qui all’amarlo tutta la vita ce ne passa e neppure è possibile.
Peggio ancora se, oltre all'impossibilità di dialogo, conduce in una spirale perversa un partner che per sopportare gli umori alterni del compagno instabile accetta persino la violenza, fisica e psicologica. Un borderline al pari del mio Giulio è questo, per lo meno in certi casi. (La mia tesi è a mia volta supportata da uno dei romanzi di Carofiglio, "Ad occhi chiusi". Il borderline che intendo io, come l'ho conosciuto io, è esattamente del tipo che lui descrive). Si può essere pietosi con un borderline-quasi psicopatico, si può provare umana comprensione, ma di qui all’amarlo tutta la vita ce ne passa e neppure è possibile.
La malattia di
Ellen, la protagonista femminile di “L’amore non si nega a nessuno”, come dicevo, esplode
all’improvviso e senza un perché, e quando lo fa è devastante. Ellen non è in sè, Ellen non è a contatto con la realtà, Ellen non è "se stessa", durante le sue crisi. Anche la malattia di Patrick rimane latente
finché non comporta un guaio talmente grosso da destabilizzare tutto quanto.
Invece Giulio non è mai diverso da se stesso. Il problema di Giulio è che la sua
personalità deviata, può solo, al limite, degenerare, diventare incontenibile in certi momenti, in cui lui perde il controllo. Tuttavia, siccome lui, per la sua sindrome, non soffre
affatto di allucinazioni, ed ha sì un rapporto contorto con la realtà, ma non del tutto inconsapevole (il dubbio è sempre: quanto il borderline è conscio delle sue azioni? o forse, quanto è conscio della gravità delle sue azioni?),
qualcuno direbbe, nonostante le definizioni psichiatriche, che la sua non è nemmeno una malattia, ma semplicemente
crudeltà allo stato puro, e la crudeltà non può mai essere amata.
Copyright Elena Genero Santoro Ottobre 2014
Nessun commento:
Posta un commento