giovedì 25 ottobre 2012

50 sfumature di noia

Ed ecco qua, non potevo esimermi. Se aspettavo ancora un po’, poi passava di moda. Quindi veniamo al dunque: la mia personale recensione di “Cinquanta sfumature di grigio”.
Ebbenesì, l’ho letto anch’io. Il primo, per lo meno, e direi che può bastare. Ci ho messo due mesi, a fatica, nel frattempo ho divorato altro, ma avevo programmato di farlo e ho concluso l’operazione. Ma ero troppo curiosa di scoprire il segreto del successo di questo caso letterario. Chissà se l'ho capito.

Vorrei iniziare il mio resoconto con un complimento: riempire 549 pagine con il nulla non è da tutti. Bisogna essere dei geni, e la signora EL James indubbiamente lo è. Ma io i successivi non li compro, e non sono interessata a leggerli nemmeno se me li regalano. L’autrice ha raggruppato insieme un’accozzaglia di luoghi comuni che tirano, et voilà, il successone è servito. Lui, il controverso Christian Grey: strafighissimo, miliardario, con il mondo ai suoi piedi, ma assolutamente tormentato (e vivi tranquillo, no?), e con il vizietto del sado-maso. Lei, la moderna Cenerentola Anastasia Steele, detta Ana: gnocca quanto basta, un po’ imbranata e, inizialmente, pure vergine. Dal punto di vista della credibilità dei protagonisti, proprio non ci siamo. Ma per chi ama gli Harmony al peperoncino, direi che siamo a cavallo. Gli ingredienti sono quelli giusti. Gli altri personaggi sono praticamente inesistenti, quindi 549 pagine tutte con loro due, solo loro due, sempre loro due, che si amano e che, nove pagine su dieci, consumano appaganti rapporti sessuali, ovviamente con delle performance strabilianti. Il che, se letto dalle giovani menti, può essere fuorviante assai.

Qualcuno ha attaccato la trilogia dicendo che come opera letteraria non è un granché, perché l’autrice usa sempre le stesse parole: “mugugnò, gemette”. Anche qui prendo a spada tratta le difese della signora EL James: i suoi protagonisti fanno sesso da inizio a fine libro, provate voi a sbizzarrirvi di sinonimi di “mugugnò” e “gemette”. Mica semplice, no?

Le descrizioni erotiche, spezziamo un’altra lancia, sono molto esplicite, ma non volgari e chi si scandalizza secondo me sbaglia. Il problema è che le scene di sesso presentate tengono i due terzi del libro e tolgono spazio agli altri avvenimenti, quasi inesistenti.
Al che uno pensa: leggo tutto nei dettagli, almeno imparo qualcosa. Un’autrice che riempie centinaia di pagine con orgasmi sensazionali, tutto sommato potrà aprirmi mondi nuovi e sconosciuti. Macché. La casalinga media è già perfettamente erudita in materia e tutte le perversioni sessuali prospettate all’inizio in realtà sono giochetti.  Dunque, delusione anche per chi cercava l’hard estremo.

Eppure questo libro è piaciuto ai più. Anzi, alle più. Ha permesso a molte di sognare. Sarà perché Christian non perde di vista Ana neppure per un attimo, la porta al centro del suo universo e lì la lascia per omnia secula seculorum amen. Sarà perché è tutto esagerato. Lui non è ricco, è straricco, multimiliardario. La prima volta che la va a prendere le dà un passaggio in elicottero. Normale, no? Anche vostro marito, la prima volta, vi ha portato in elicottero, giusto? Immagino sia successo più o meno a tutte. Mi figuro già mia figlia, tra qualche anno: “Mamma, Marco passa a prendermi alle otto”. “In motorino, cara?” – dico io rimembrando i ragazzetti scalcinati che giravano a suo tempo intorno a casa mia  -  “No, Ma’, come ti viene? In elicottero”.

Comunque, non è il genere di fiaba che fa per me. Personalmente ho bisogno di identificarmi maggiormente nei personaggi e nelle situazioni, e questo polpettone di migliaia di pagine di quadretti improbabili non appaga il mio bisogno di un lieto fine insperato in un mondo imperfetto.
E poi il lieto fine nel primo libro non c’è (ma state tranquilli, mi dicono che in seguito vivranno felici e contenti e metteranno pure su famiglia).
Anastasia, stufa della necessità di Christian di “punirla” in caso di disobbedienza, lo pianta in asso, seppure a malincuore, attendendo che lui cambi (altro aspetto incredibile, che un uomo cambi) e che diventi un agnellino per amore suo (il che accadrà nei libri successivi), e devo dire che questa impennata di dignità personale, con cui il miliardario pervertito si scontra a momenti alterni durante tutta la narrazione, è l’unico aspetto che mi è piaciuto di tutto il libro. 

mercoledì 26 settembre 2012

An unforeseen night at Munich airport


Well, I can undoubtedly state that my spoken English is not perfect, but I’ve just had the chance to verify that my speaking is definitely proven and well-tested. And now I fear (around) nothing concerning English language.

I state in advance that I like flying by plane, I don’t fear for planes and yesterday evening I was cheerfully coming back from a business trip satisfying for more than one reason.

In the evening I was flying from London to Munich when, suddenly, near the touchdown, maybe due to something gulped down quickly previously and floating badly in my stomach, I didn’t feel very well. Unexpectedly  I didn’t understand what was happening to me, but I just could call the steward and say: “Excuse me, sir, I'm sorry, I can’t breathe”.

Describing your symptoms in a foreign language (English, just to say) is a challenge, especially when you hyperventilate and are surrounded only by English and German native speakers. It’s a challenge especially when you have an oxygen mask on your face. And when the only and one paramedic present on board comes from South-Africa, lives in South-Korea and speaks with a very unusual (for you) accent. Anyway, he encouraged me very much.

But, thanks to God, I succeeded. I could explain everything, included the list of my possible allergies. Fortunately, I had nothing serious, just a drop in pressure. 

In few minutes I felt better. But, unfortunately, I missed my connection. When the plane direct to Turin took off, I still was on the ambulance, in health, but trussed up and on a physiological solution drip.

Let me talk about the drip for a while. When the paramedic – another paramedic, whose relatives were Italian, in fact he spoke a bit of Italian – put me on the drip, he pricked me twice. The first time, the damper didn’t work. Therefore I told him:

-          Excuse me, sir, but I thought that in Germany everything worked perfectly. Was I wrong?

He laughed.

And then I added:

-          I can assure that needles are thinner in Italy.

He laughed again.

Once in the infirmary of Munich airport, I felt so  good that doctors decided to discharge me, but I needed a place where to spend the night. The plane after took off at 6:45 a.m.

Therefore the female nurse tried to book a room in one of the two airport hotels on behalf of me.

-          You can’t remain here in the infirmary, absolutely not!

But she came back very early:

-          The first hotel is overbooked. The Oktober Fest is in progress.

-          What does “the Oktober Fest is in progress” mean? Isn’t it September?

-          In the second one there is some vacations, but the cheapest room costs 400 euros per night.

I was shocked:

-          May I ask you to show me a bridge which I can spend the night under?

-          You’re perfectly right, I know, I know… We couldn’t, we couldn’t, we couldn’t, but you are allowed to spend the night here, free of charge.

And then she guided me to a single room which looked like a hospital room.
Thank God, and thank also that nurse.

Conclusions:

1.       The Germans are efficient and also polite, does anyone disagree??

2.       Angels exist. My personal one comes from South-Africa and lives in South Korea. Unfortunately he disappeared before I could thank him.

3.       Before leaving I thanked the paramedics for their kindness.

-          It’s my job, - one of them said.
-       Yes, but you can work in very different ways. For a patient it’s very important to be supported, and your kindness made the difference, - I replied.

lunedì 17 settembre 2012

Uno strano Paradiso


L’altra notte ho fatto un sogno strano. Ho sognato che per andare in Paradiso non era abbastanza vivere in rettitudine qui sulla Terra, essere buoni e non fare arrabbiare la mamma. Beh, sì, quello anche. Condizione necessaria, ma non sufficiente. Il fattore determinante, però, era un altro. In pratica, per accedere alle Alte Sfere, la discriminante era non avere più alcun legame con la passata vita terrena. Nel senso di non avere più nulla quaggiù che facesse parlare di noi, nessuno che ci ricordasse, nessuna traccia che testimoniasse il nostro passaggio da queste parti. Dunque, se mai così fosse, l’ingresso al mio Paradiso onirico sarebbe un bel casino.

Ma vi immaginate, in quest’era di globalizzazione, che trigo sarebbe ambire a riposare in pace? Passiamo le giornate a sbatterci e ad affannarci per presenziare su tutti i social network, per far sì che qualcuno si accorga che esistiamo, per affermarci su tutti i fronti… metti mai che sia controproducente. Secondo la logica del mio sogno, per chi ha pubblicato delle foto su internet l’accesso al Paradiso diventerebbe una faccenda seria. Quando potremo essere certi che tutti i nostri file saranno stati rimossi completamente dall’etere? Mai. E chi ha postato un filmato, per quanto cretino, su Youtube? Ancora peggio. E chi ha scritto fior di commenti su Facebook e blog vari? Attenderà la fine del mondo.

Ma pensate a noi aspiranti scrittori. Avere successo, piazzare un paio di copie, diventerebbe una iattura. Un flagello bello e buono. Condannati a fare i fantasmi accanto agli scaffali che contengono copie dei nostri libri invenduti.

E gli attori? Più sono famosi e più sarebbero dannati. Povero George Clooney, povero Brad Pitt. Beh, un lato positivo ci sarebbe: tutti i partecipanti al Grande Fratello dovrebbero spurgare un po’. Ma neanche più di tanto, in fondo. Di solito cadono nel dimenticatoio molto in fretta.

Però i politici, la casta, tanto per dire? Vogliamo mettere almeno loro in qualche bel girone dantesco? Piazzare alcuni volti noti tra le fauci di Lucifero sarebbe desiderio di molti, però, ahimé, i politici che si faranno veramente ricordare saranno pochi, e molti altri invece mangeranno alla faccia nostra restando beatamente nell’anonimato. Li conoscete voi i nomi di tutti gli onorevoli italiani? Io no, e manco ci tengo. Ma se fosse vera la teoria del mio sogno, inizierei subito a memorizzarli e li farei imparare a menadito pure ai miei figli.

Però, però… Se questa teoria bislacca avesse un senso, come la metteremmo con gli inventori? Come se la passerebbero quelli che con un’intuizione hanno cambiato il mondo, possibilmente in meglio? L’ultimo della serie sarebbe Steve Jobs, che aveva sì un bel caratterino, dicono, ma io, come sua folle ammiratrice, all’inferno non lo piazzerei mai.

Se il mio sogno strambo fosse vero, in Paradiso non ci andrebbero neppure i santi, non quelli con reliquie, per lo meno. Manco San Francesco, caspiterina, che nella sua umiltà ha ben lasciato un segno nella storia.

No, non può funzionare così. Mi ribello alle mie trovate oniriche balzane. Ne prendo le distanze. Vorrebbe dire che per accedere alle Alte Sfere bisognerebbe essere non solo buoni, ma trasparenti e completamente inetti. In pratica il Paradiso sarebbe vuoto.

Per fortuna, come ci hanno sempre insegnato, in Paradiso ci vanno i buoni. Altri requisiti non sono richiesti. Il che ci fa ben sperare che la classe politica e i furboni restino fuori. E vista la gran quantità di politici e furboni, direi che il Paradiso non è vuoto, ma è comunque un luogo poco frequentato.

venerdì 31 agosto 2012

Buoni Propositi per l'Anno Nuovo

E' iniziato un Nuovo Anno. Già, perché l'Anno Nuovo non inizia il primo gennaio, ma alla fine di agosto, quando comincia il Nuovo Anno Lavorativo. In Italia, almeno, dove le vacanze estive sono sufficientemente lunghe.

Dunque, ho appena terminato la mia prima settimana lavorativa!
 
La scorsa settimana mi sono organizzata perfettamente per iniziare l'Anno Nuovo nel migliore dei modi. Domenica sera ho piazzato tatticamente i miei vestiti stirati e ben piegati sullo scaffale del bagno. Vicino ad essi, l'orologio e i miei monili da indossare il giorno dopo. C'era anche il beauty con i miei cosmetici.
Nell'ingresso, la mia borsetta munita di tutto e le scarpe ben lucidate. Il tutto, ovviamente, per ottimizzare il tempo.

Così, lunedì mattina, mi sono svegliata puntuale alle sei e mezza, ho fatto la doccia e mi sono vestita rapidamente. Ero rilassata e in forma (solo un po' triste per la prospettiva, ma vabbé). Sono arrivata al lavoro perfettamente in tempo e ho iniziato a elencare mentalmente i Buoni Propositi per l'Anno Nuovo:

1. Devo alzarmi molto presto tutte le mattine.
2. Devo prepararmi sempre vestiti e scarpe la sera prima.
3. Devo arrivare al lavoro presto.
4. Devo mantermi calma.
5. Devo essere scattante.
6. Devo essere sorridente.
7. Devo studiare inglese in pausa pranzo.
8. Devo mettermi a dieta.


Lunedì sera sono arrivata a casa talmente stanca e ....zzata che i punti 4,5, e 6 sono decaduti immediatamente. Avevo pure mal di testa.


Cionondimeno mi sono imposta di rispettare i punti 1,2 e 3.


Martedì, no problems.


Ma mercoledì entrambi i miei figli si sono svegliati alle sei in punto con assoluta necessità della loro madre ed io ho dovuto sfamarli, lavarli e coccolarli, ovviamente. Quando sono arrivata al lavoro, tardi, avevo solo più voglia di un letto. Addio punto numero 3.


Giovedì, sebbene stanca e assonnata, mi sono ancora alzata presto, ma in bagno mi sono accorta che la maglia era macchiata e va a sapere dove avevo lasciato il mio benedetto orologio da polso. Decaduto anche il punto numero 2.

Oggi è venerdì e sto meglio. Non vedo l'ora che sia il week end (che passerà troppo in fretta). E' stata una settimana dannatamente lunga.


E i punti numero 7 e 8? Chissà. Sto bevendo caffè senza zucchero, per iniziare, poi vedremo. E questo post è stato scritto prima in inglese, per fare un po' di pratica.
Del resto, se l'anno scorso non sono riuscita a fare certe cose, evidentemente c'erano dei motivi!

New Year’s Resolutions

 
Well, a New Year has just begun. Yes, because the New Year doesn’t begin on the 1st of January, but at the end of August, when holydays time ends and when a New Working Year starts! In Italy, at least, where summer vacations are very long.

So, I’ve just spent my first week at work again!

Last week I perfectly organized myself in order to start the New Year well prepared. On Sunday evening, I placed my ironed clothes on a shelf in the bathroom, together with my watch, my earrings and my rings. Next to them, the beauty containing my cosmetics.

In the entrance hall, my handbag and my made shiny shoes.

On Monday morning I woke up at half past six, I took a shower and I got dressed very quickly. I was relaxed and felt in fit. I arrived at work perfectly in time and I started to fix my New Year’s Resolutions:
1. I will always wake up very, very early.
2. I will always get ready my clothes and shoes the day before.
3. I will always arrive at work early.
4. I will always be relaxed.
5. I will always be quick.
6. I will always be smiling.
7. I will study English during my lunchtime.
8. I will be on diet.

On Monday evening, I returned home so tired and angry that points number 4, 5 and 6 of my list immediately lapsed. I had also a headache.

Nevertheless, I forced myself to keep points number 1,2 and 3.

On Tuesday, no problems.

But on Wednesday both my children woke up at six o’clock and decided that they absolutely need their Mum. Therefore, I had to serve breakfast to them, to wash and dress them and, obviously, to cuddle them. When I arrived at work, late, I just felt like a bed. Bye-bye point number 3.

On Thursday, even if I was tired and sleepy, I kept getting up early, but, once in the bathroom, I discovered that my blouse was stained and I had no idea about the place where I forgot my watch. Lapsed also point number 2.

Today it’s Friday and I feel better. I’m looking forward to the week end. It was a long, long working week.

And what about the points from 7 to 8? Who knows. I’m drinking sugar-free coffee, now. And I'm writing in English.

Anyway, if last year I can’t succeed in doing the same things, there were some reasons!

lunedì 9 luglio 2012

Three days in Prague - a summary, in English, of my previous post


Prague is a beautiful city, with an unique and magic atmosphere. The first day we decided to join us to a guided tour, and it was a good choice, because the woman who showed the beauty of the city to us, also suggested us what to visit in the following days.

In fact, as suggested, the day after we did the synagogues tour. As we discovered, in Prague there was a considerable Jewish community (more than 90,000 peoole), which, during the Second World War, was exterminate by Nazis. Today in the ancient synagogues, located in an unique block (the ancient Jewish ghetto) there is an exhibition of the Jewish culture, and of Jewish history in Prague. In one of the synagogues, the walls are completely covered with the names of the people killed in the extermination camps during the Second World War.

Upstairs, the drawings of the children prisoned in Terezin death camp are shown. Touching, really.

But, let me start from the beginning.

The flight

We chose a low cost company, an extreme low cost, to be honest. In fact, we could only take on board an unique hand luggage (the handbag, OR the trolley, OR the pocketbook), but, the company also threatens their passengers stating that if the flyers are very numerous, the unique-hand-baggage of the last passengers at the gate could be considered as a checked-in baggage and stowed! So, the passengers are invited to hurry to reach the gate before the others! (You can find this nice suggestion directly on the boarding card).

The steward who said goodbye to us, at the end of the first flight, guffawed when he pronounced the following words: “Thank you for flying on this fantastic airplane”.

I understood the meaning of his words on the back flight, when I hoped to eat a sandwich with fee (lunch time was over, but I had spent it trying to arrive at the gate before the other passengers), but the hostess, sorry, very sorry, told me there wasn’t a sufficient number of sandwiches. The last one had just been bought by the man seated behind me.

Therefore I had lunch at 3.00 p.m., at the airport, after the plane had landed.

The language

In Prague people speak Czech. I know nothing of Czech. But I speak English!

As we had to discover very soon, English is almost useless in Czech Republic.

In fact, in the old town center, in the inner, touristic city, the most of Czech people speaks perfectly Italian. They listen to my husband and I trying to find the correct word and they said: “Are you Italian? Why don’t you speak Italian?”

Also in the restaurants, on the menu there was a translation both in English and in Italian.

The historical reason seems to be connected to the end of the First World War.

In any case, just some meters away from the town, nobody speaks either English or Italian. To be honest, many people are quite impolite and rude.

The climate

Moving to the North of Europe, we was sure to find a climate with low temperature. Absolutely not! It was really, really hot! (it’s a continental climate). As the Moldava river crosses the entire City, I can state that there is a sort of maritime climate! (Without the salty tang of the sea, anyway).

The underground and the public transport

The underground works well. There are three overcrowded lines, which cover the inner part of the City. Many stations have a wheelchair access. In case, there is an indication.

It’s easy to reach the airport from the underground by bus (by the famous line number 119).

Moreover, our guide underlined that in Prague there are a lot of trams. She probably thought it could impress us. She was wrong: in Turin we are fully used and accustomed to the trams.

But, at the end, she succeeded and reached her aim to impress us when she said: “Pay attention to the new trams! They aren’t able to stop, and sometimes they knock down pedestrians”.

In practice, it very much seems as if the last, new model of tram, produced by Porsche, doesn’t work very well, so the new trams are quite dangerous. Wonderful!

The food

The typical meat food is the Goulash, that, in practice, is a stew with a lot of garlic. The  Goulash is served with wheat dumplings or potatoes dumplings on the side. The wheat ones are similar to wet crumbs; the potatoes ones are very different from our Italian gnocchi. Not so bad, however. Unfit for people who suffer from reflux.

One note: in the restaurants smoking is still allowed.

The breakfast

The breakfast was shocking. I thought I was used to every kind of breakfast in the word, but I was wrong. The continental breakfast is not enough in Prague, because people are not satisfied with omelette and bacon. They eat sweet and sour vegetables, like pickled onions and hot peppers. And also sweet and sour wurstel. It was not a pretty sight!

The alcohol

Many people drink a lot in Prague.  We noted the smell of alcohol even the first night in the tube.

After that we discovered that beer is absolutely cheaper than cold drinks and non-alcoholic beverages. I think it’s a good policy in order to reduce alcoholism in the country….  

The architecture and the urban context

Prague is very beautiful and clean. All the buildings are freshly painted and their preservation status is good. The urban context is homogenous and consistent, therefore pleasant to live. There are many parks on the bank of the river Moldava, where there are also a lot of wonderful viewpoints.

Thousand facades are liberty, neoclassical and eclectic.

The brides

Walking around, we met a number of unconvincing brides, coming along with a photographer and sometimes without their grooms. One of them was a fat, four-eyed Asian girl, who was dressing black sneakers. Another one seemed to be pregnant. Our guide told us that they had got married previously in some part of the word, but now they were seeking a good location to improve their photo album!

In imitation of Venice

Near the river Moldava some artificial ship canals were built to create amazing patches. They are so beautiful that it seems to be in Venice, and therefore these canals are often used by many directors to realize films pretending to be in Venice! In general these canals are often film settings, for example for Hostel by Tarantino and for the first Mission: Impossible.

The pharmacies

“This is the oldest pharmacy in Prague!”, our guide said. Obviously. The oldest and the only one. In the inner town, at least. But the question is: do the inhabitants of Prague become never ill, or don’t they cure??

The iphones

My last consideration is not about Prague, but worldwide. Steve Jobs’ children can sleep soundly: the iphone is absolutely the most common object I saw in the hands of the people!  


lunedì 2 luglio 2012

Tre giorni a Praga a fine giugno 2012



Incredibile ma vero, per la prima volta nella vita, mio marito ed io siamo riusciti a mollare i pargoli per tre giorni e fuggire a Praga, luogo per noi del tutto nuovo e da scoprire.

Ed ecco il dovuto resoconto.

Che dire di Praga? Che è bellissima, romanticissima e magicissima? Ma questo lo sapete già, altrimenti che ci saremmo andati a fare, per cui tirerò oltre. E non sperate di trovare qua l’elenco delle cose da visitare, questo blog non è Lonely Planet, lascio questi aspetti seri alle guide serie.

Ma un paio di consigli sensati ve li voglio dare lo stesso.

Se vi capita di andare a Praga per pochi giorni, cercatevi subito un tour guidato nella vostra lingua; in genere è l’hotel in cui alloggiate che ve lo procura. Per l’equivalente di 50 euro a persona, vi intratterranno per ben sei ore, vi offriranno un pranzo tipico e vi faranno persino fare un giro turistico in battello, merenda e birra incluse. Interessante e proficuo, a cose fatte posso dire che ne è valsa la pena. Inoltre la sorte a noi per quel giorno ha affiancato una famiglia simpatica: padre, madre e due ragazzine educatissime, e la giornata è volata che è stato un piacere.

Il secondo e ultimo consiglio serio è quello di fare il giro delle sinagoghe nella zona ebraica. Istruttivo. In una di esse, la Pinkas, sulle pareti, sono stati trascritti i nomi e le date di nascita e di morte di più di 77 mila ebrei di Praga e dintorni uccisi durante la seconda guerra mondiale. Segue la mostra dei disegni dei bambini rinchiusi nei campi di sterminio. Toccante, veramente, tanto più per chi come me non ha mai visitato dal vivo i luoghi della Shoà. Quelle pareti bianche riempite con decine di migliaia di nomi, scritti fitti (sembra di avere un enorme foglio di giornale davanti agli occhi) fanno l’effetto di una visita al cimitero: stessa angoscia. Le vittime dello sterminio sono state davvero troppe e su quei muri il loro numero elevatissimo risalta in modo schiacciante. Davvero, merita un’occhiata.

Però ora veniamo a noi.

Il volo

Abbiamo viaggiato A/R con una compagnia low cost estrema, di quelle che ti fanno tenere un unico bagaglio a mano (o il trolley, o la borsetta, di solito il trolley con dentro la borsetta), scrivendoti senza vergogna sulla carta d’imbarco che se non arrivi al gate prima degli altri, in caso di volo affollato loro si riservano di spedire il tuo unico sofferto bagaglio a mano (il trolley con dentro la borsetta) dritto filato nella stiva.

Così ci siamo sbrigati quanto più abbiamo potuto e per fortuna ci è andata bene. A qualcun altro non so, soprattutto nel volo di ritorno, che era pienissimo.

All’andata, lo steward che ci ha fatto il saluto di commiato, prima in un biascicato inglese, poi in italiano sua lingua madre, ha ringraziato tutti per aver volato in quel fantastico aeromobile, e mentre lo diceva ghignava come un pazzo.

Il senso del suo atteggiamento poco aziendalista ci si è rivelato meglio sul volo del ritorno, dove il pilota ha fatto una discesa quasi in picchiata per atterrare in orario, e dove il panino che agognavo per il pranzo (a pagamento, come in tutti i low cost che si rispettino) era finito. Così ho pranzato in aeroporto alle tre del pomeriggio.

La lingua

Nella repubblica ceca parlano ceco. Bene. La prima sera in metropolitana abbiamo incontrato un italiano che, millantando un precedente viaggio in Russia, vagheggiava: qui almeno sono gentili, scrivono (cartelli, indicazioni, fermate metro e autobus) in caratteri latini! Invece in Russia (cattivi) le scritte sono solo in cirillico dappertutto.

Non abbiamo osato controbattere cotanta sicumera, ma poi la nostra guida ci spiegava che la lingua ceca, essendo una lingua slava occidentale, non usa affatto i caratteri cirillici.

Per il parlato, (ignorando noi completamente il ceco), l’inglese ci è stato utile, ma solo per metà. Infatti, nella parte centrale della città, quella storica e pesantemente turistica, piena di gente di ogni provenienza – italiani in massa, ma anche molti visitatori di lingua inglese, nonché spagnoli – in moltissimi conoscono l’italiano e pure molto bene. Più di una volta noi ci arrabattavamo con l’inglese, spremendoci le meningi per trovare quel termine che non ci veniva, poi parlavamo tra di noi e il nostro interlocutore ceco a quel punto esclamava: - Ah, ma siete italiani! (potevate dirlo).

Persino nei menù dei ristoranti la traduzione era sempre in inglese e in italiano, e talvolta solo in italiano. Pare che tutta questa smania di italianità derivi sì dalla massiva presenza di turisti italici, ma che, soprattutto, affondi le sue radici nella fine della prima guerra mondiale. Me l’ha detto uno molto più colto di me, che però non vuole essere citato.

Comunque sia, molti giovani (camerieri, albergatori, commercianti vari ed eventuali) erano perfettamente in grado di intortarci interloquendo con noi nel nostro idioma.

Così la prima impressione è stata: ma guarda come sono versatili sti cechi, o meglio, tutti al mondo sono versatili nelle lingue tranne noi italiani, che siamo craponi, che non riusciamo a spicciare due parole neanche quando ci conviene per turismo, e tranne forse gli inglesi, che non ne hanno bisogno.

Ma poi siamo stati costretti a parlare anche con persone che gestivano le loro attività commerciali appena fuori la zona storicissima e turisticissima, e abbiamo scoperto che non solo non parlano italiano, ma neppure l’inglese, e che mostrano pure una discreta ostilità e scortesia nei confronti di noi stranieri.

Così quando ho chiesto un’informazione alla fioraia di Pavlova, che comunque è ancora una zona centrale di Praga, questa mi ha risposto con un improperio incazzoso, di cui non ho la traduzione letterale stretta, ma che immagino con buona probabilità che volesse dire: “Non ho idea di ciò che stai dicendo e sinceramente non mi cale”.

Stessa solfa cento metri più in là, con la tabaccaia che non ci ha venduto i francobolli delle cartoline: ci faceva intendere che non li aveva, ma a noi è parso che non ce li volesse dare. Era solo un’impressione nostra?… E che dire della bigliettaia della metro (sempre in zona Pavlova, ma che hanno da quelle parti?)? Al suo “Non ho la risposta alla vostra domanda” ha fatto seguire, anziché un “sorry” neutro e polite, una smorfia infastidita e veramente antipatica.

Dunque, servili fino alla nausea nella zona iper-turistica, scortesi e sgarbati appena un metro oltre, quantomeno a Pavlova. C’est la vie.

La moneta

Nonostante l’euro imperversi quasi dappertutto, nella Repubblica Ceca vige granitica la Corona, che equivale più o meno a 1/25 di euro. Circa il cambio che avremo noi quando torneremo alla lira. Dunque, anche se ci faceva un certo effetto prelevare al bancomat MILLLLLLE corone, gira e tuira ci eravamo messi in tasca non più di quaranta euro.

Devo dire, non si spende molto laggiù. Si mangia un lauto pasto con poco. Tutto sommato il turista euromunito campa facilmente (esattamente ciò che succederà ai turisti stranieri quando l’Italia sarà stata sbattuta fuori dall’Eurozona).

Il clima

Altro mito da sfatare: siamo al nord, fa freddo. Col cavolo. A fine giugno c’è un’afa bestiale (clima continentale), non foss’altro che la Moldava, il fiume che taglia in due Praga, garantisce un ambiente quasi marittimo (salsedine a parte).

Per fortuna abbiamo trovato due giorni di sole e caldo e gli ombrellini pieghevoli acquistati per l’occasione sono serviti solo ad appesantirci la borsa. Menomale. Bella luce e belle foto. What else? Fantastico.

La metropolitana e i trasporti pubblici

La metropolitana funziona bene. Ci sono tre linee trafficatissime, che coprono tutta la parte più centrale della città. Molte, ma non tutte, le fermate sono accessibili dai portatori di handicap e quindi pure dai passeggini: nel caso, sono segnalate.

Anche in aeroporto (A/R) è facile arrivare: col bus 119 si va e si torna senza alcuna difficoltà.

Praga, poi, è servita dai tram. La nostra guida del primo giorno ce ne parlava come di una rarità, una peculiarità locale, ignorando che nella città da cui proveniamo noi i tram sono il nostro pane quotidiano. Poi però la guida ci ha detto una cosa inquietante: “Attenti a quelli nuovi. Non frenano, per i pedoni sono un po’ pericolosi”. “Eh?”.

A Praga, dunque, ci sono un sacco tram storici, ma anche delle linee di recente concezione, e l’ultimo progetto della Porsche in merito sta attualmente presentando questo piccolo inconveniente che consiste nell’avere una quantità di moto indomabile tale da stirare i pedoni sul più bello. Dimenticavo: i tram, a Praga, hanno precedenza su tutto.

Leggenda metropolitana, la pericolosità di questi Porsche? Può darsi, e comunque raccontano un sacco di favole truculente, da quelle parti. Noi, intanto, ci siamo stati attenti e abbiamo sempre attraversato sulle strisce.

Il cibo

Ragazzi, siamo a Praga, non cercate la pizza a Praga! Non è migliore di tutte le pizze che si mangiano all’estero. Anche se di ristoranti italiani, come sempre, ce n’era a gogo.

Piatto tipico: il goulash, che, diciamolo, è uno spezzatino, né più né meno. Con un bel po’ di aglio dentro e accompagnato da gnocchi, che possono essere di patata (molto diversi dai nostri, però) o di grano (e in questo caso trattasi di una specie di mollica di pane, che in quel sughetto di carne fa un’acidità coi fiocchi).

Non male, se devo dire. Sconsigliato a chi soffre di reflusso gatroesofageo, però.
p.s. Nei locali a Praga è ancora permesso fumare.

La colazione

Se per pranzo e cena il goulash è comunque da provare, devo dire che la colazione è stata uno shock, un trauma. Premetto che eravamo in un hotel con la colazione a buffet, continentale, come si dice, dove a fianco delle classiche e rassicuranti fette di pane da spalmare di burro e marmellata, e delle mestolate di yogourt in cui pucciare cereali, già mi aspettavo di trovare fette di formaggio e affettati. Sulla prima colazione ero convinta di non avere sorprese, pensavo di aver ormai visto tutto, già avvezza com'ero a bacon e omelette inglesi. Invece, che ingenua, avrei dovuto dare ascolto a chi mi diceva che, dalla Germania in poi, il breakfast era molto, ma molto peggio. E così, alle otto del mattino, ho visto gente farsi di insalate verdi e pomodori (e vabbè), ma soprattutto pescare da fior di zuppiere chili e chili di verdura in agrodolce.
C'erano infatti, in bella mostra, grandi e sfacciate porzioni di cetrioli sottaceto, cipolline sottaceto, peperoncini sottaceto e persino wurstel giganti sottaceto, che galleggiavano, orgogliosamente vicini-vicini, nelle loro enormi scodelle di vetro. Il tutto accompagnabile con il ketchup. E se è vero che i gusti sono gusti, perdonatemi, ma io quello spettacolo l'ho trovato inguardabile...

L’alcol

Entrati in metropolitana per la prima volta, una cosa ci ha colpito immediatamente: l’aria era satura di alcol.

Poi abbiamo scoperto che la birra costa molto, ma molto meno delle bibite, e questa mi sembra un’ottima politica per ridurre il tasso di alcolismo nel paese.

L’architettura e l’urbanistica

Praga è bellissima e molto pulita, su questo non si discute. Molto meglio tenuta delle nostre italiche capitali. Gli edifici sono per lo più dipinti di fresco e non paiono dei ruderi scrostati come i nostri. Anche il tessuto urbano è omogeneo e coerente, quindi gradevole da vivere. Grandi parchi stanno addirittura in riva alla Moldava, dove si respira una bella aria e i punti di belvedere si sprecano. Per contro, sotto certi aspetti, Praga, crocevia di molte culture, ha edifici senza una personalità propria. I mille palazzi con facciate in stile liberty, o eclettiche, e il Castello, neoclassico, non sono poi diversi da ciò che abbiamo anche noi da queste parti. Meglio pittate, ma non originali. Ma, come dicevo, ciò che piace di Praga è il contesto, è l’effetto globale. Quello forse è unico.

Le spose

Passeggiando su e giù, in numerose occasioni abbiamo incrociato delle improbabili spose, spesso senza marito, seguite da un fotografo, e per lo più con le scarpe (nere) da ginnastica ai piedi. Una era un’orientale grassa, occhialuta e spettinatissima. Di un’altra sospetto persino una gravidanza. La nostra guida però ci spiegava: “Non si sono sposate qui. Però si sono venute a farsi fotografare da queste parti per avere una bella location nell’album”.

Ottimo, direi. Perché non ci ho pensato anch’io, a portarmi l’abito??

Venezia tarocca

A fianco della Moldava sono stati costruiti alcuni canali artificiali, che hanno degli scorci bellissimi. Talmente belli che sembrano Venezia, e infatti pare che determinati angoli siano puntualmente utilizzati per girare le scene dei film fingendo di essere proprio a Venezia. E comunque, Venezia o no, hanno funto da set per diverse produzioni famose, da Hostel di Tarantino al primo Mission: Impossible.

Il ponte Milvio

Il ponte Milvio a Praga?? Non proprio, ma quasi. A ridosso di un canale artificiale, un ponticello è stato adibito a zona lucchetti dagli innamorati. Non vi dico la fatica di spiegare, in inglese, al candido e giovane marinaio del nostro battello, l’origine di quella strana usanza importata da Roma. No, non la fatica per l’inglese (An italian writer… Three meters above the sky… ecc…). Intendo la fatica a parlare di Moccia, che, i miei followers lo sanno, non è propriamente il mio eroe.

Però quei lucchetti li ho fotografati eccome. Già che avevo il goulash per traverso nello stomaco (buono, ma quell’aglio…), ho deciso di rovinarmi la digestione definitivamente. No, Moccia, no. Non volevo rendere omaggio a te. Toglietelo dalla testa. Mi ha incuriosito l’imponenza di certi lucchetti. Qualcuno, per lucchettarsi da quelle parti, ci ha pure speso una fortuna. Avercene. Ci sarebbe da fare della psicologia spicciola in merito. Lucchetto da diario segreto = innamorato giovane, o innamorato spiantato, o innamorato poco focoso? Resterò col dubbio. E lucchetto extra delux? Che significherà? Grandi amori o riferimenti fallici? Non ci voglio neanche pensare.

Le farmacie

“Questa è la più antica farmacia di Praga”, disse la guida, scendendo a piedi dal Castello, e indicando una porticina sulla nostra sinistra.

Bella forza. Era pure l’unica, almeno nel centro storico. Due giorni di ricerche per approdare ad un collirio, e alla fine siamo tornati lì. Sfido chiunque a trovarmene un’altra nel tragitto tra l’Orologio Astronomico e il Ponte Carlo. A meno di non tentare più all’esterno, in zona Pavlova, ma lasciamo perdere.

Al che le conclusioni a cui siamo giunti sono due, in alternativa:

1.       I Praghesi non si ammalano.

2.       I Praghesi non si curano.

Ai posteri l’ardua sentenza.

Gli iphone

Termino questo excursus, per nulla esaustivo, delle mie impressioni di fine giugno 2012, con una considerazione worldwide. I figli di Jobs possono dormire sonni tranquilli. Tra turisti di ogni nazione, oriundi, immigrati, nativi ecc… l’iphone è l’oggetto in assoluto più presente tra le mani della gente per la strada.




mercoledì 30 maggio 2012

La ciotola aziendale

L’anno scorso, nel nostro ufficio, è venuto a lavorare un neolaureato desideroso di imparare. Era un giovanotto dinamico, brillante e promettente, ed essendo così dinamico, brillante e promettente, in capo a un anno ha subito trovato un altro impiego molto meglio retribuito. Giustamente.

Ad ogni modo, lui mi scrive, di tanto in tanto. Mi spiega com’è costituito l’ufficio nuovo e mi racconta la difficoltà di imparare il nuovo mestiere. Nel complesso gli piace, anche se, ovviamente, si tratta di un mondo tutto da scoprire e l’ansia di non essere sempre all’altezza, almeno nell’immediato, un po’ lo rode.

C’era un solo dettaglio che il nostro eroe rimpiangeva della vecchia azienda: la ciotola dell’insalata in mensa. In pratica ha lasciato un ricco e lauto piatto di verdure fresche per una ciotolina di dimensioni minuscole, microscopiche. Un unico neo nella gloriosa ascesa, una sola pecca nella nuova azienda fantastica e accattivante che lo ha accolto a braccia aperte.

Ma ho scritto “c’era”, al passato, a ragion veduta. Nel frattempo si è verificato un allineamento dello standard.

No, non hanno ingrandito la sua ciotola. Hanno rimpicciolito, non di poco, la nostra. Lunedì scorso all’ora di pranzo, et voilà, la sorpresa amara quanto la cicoria, poca, che ci stava dentro.

Ho subito informato il nostro ex collega della novità, almeno non rimpiangerà proprio più nulla. Perché se qua dentro dobbiamo modificare qualcosa per renderci conformi con le altre realtà…

E, come ho scritto pure a lui: “Vorrei dire che sputo nel piatto in cui mangio, ma è diventato così piccolo che temo di non riuscire a centrarlo, e non è (solo) una metafora”.

martedì 15 maggio 2012

Pollice nero, nerissimo


Per la festa della mamma, domenica, mio suocero, volenteroso, mi ha regalato una composizione di piantine di gusti: un origano, una melissa e un timo al limone, da tenere sul balcone.

Poveretto, lui non perde la speranza, ma non riesco a fargli capire che in capo a una settimana, massimo due, le sue tenere piantine saranno belle che morte.

Mio suocero non ha giardino, ma sul suo balcone ha veramente di tutto: ogni genere di esemplare della flora nostrana lui ce l’ha. Dategli un bulbo e vi tirerà su la foresta amazzonica.

Se a me regalano un vegetale qualunque, invece, è certo che farà un’orrenda fine.

Non posso dire che sia un difetto genetico, il mio. Mia nonna era una contadina che ha sempre tenuto un orto meraviglioso, e mio padre ha continuato e continua gloriosamente la tradizione. Io invece, pecoraccia nera della famiglia, vanto una serie ormai poderosa di fallimenti agricoli di genere vario.

Il mio esordio a tre anni quando, tra le urla della mia suddetta nonna, strappai tutti i finocchi piantati nel suo favoloso orto.

All’attivo vanto una serie di piantine da balcone accoppate nel giro di breve (i nomi non li ricordo, ma erano tante e di tutte le specie). Nella top ten una meravigliosa azalea rossa, uccisa una decina di anni fa in tempo record. Il mio traguardo più recente coinvolge una costosissima orchidea (Oddio, ma perché buttate tutti questi soldi con me?), salvata in extremis da una mia amica, che ora me la vorrebbe restituire, ma io mi oppongo strenuamente, per il bene del povero esemplare.

E dire che sono circondata da persone che curano le piante come fossero figlie. Le mie tre colleghe, per esempio, sono tutte molto impegnate in tutto ciò che è giardino. Sulle loro scrivanie crescono rigogliose delle creature verdi di tutto rispetto. Sulla mia scrivania il deserto. Per un po’ ho tenuto una composizione di fiori finti, poi era troppo deprimente. E dove le mie colleghe non arrivano, ci pensa il vicino d’ufficio, un signore molto simpatico che sa tutto, ma veramente tutto, di tre argomenti: gli elastomeri, gli insetti, e la flora di qualsivoglia natura. (Uno di quelli che se ti invita a casa sua per mostrarti le farfalle, ti mostra le farfalle).

Con me, nulla da fare. Proprio non mi entra in testa. Eppure il verde mi piace. Io amo la natura, ma non fatemela gestire.

Tuttavia, ogni regola ha le sue eccezioni. Il mio pollice nero nulla ha potuto contro tre fedelissime che nonostante le mie cure riescono a sopravvivermi ormai da anni (per cui, se moriranno, potrò dire che sarà stata morte naturale):

1.       Un filodendro ricevuto dai colleghi per il mio matrimonio. (Sarà simbolo di un matrimonio che funziona?)

2.       Un cactus spinoso e brutto come la fame regalatomi dal mio ex (anche qui mi domando se l’inconscio c’entri qualcosa, se qualcuno ha qualche teoria psicanalitica si faccia avanti).

3.       Una umile pianta di MISERIA, che in questi tempi grami è l’emblema di tutto. L’avevo vinta ad un banco di beneficenza al mare, e, lasciando l’albergo, me la stavo scordano. Tre paesi oltre, ho urlato a mio marito: - Ferma la macchina! Torniamo indietro! Ho dimenticato la pianta!

Quella deve averlo capito, sentito a modo suo, e non mi ha più mollata. Ora la mia MISERIA cresce rigogliosa sul mio davanzale. Sta bene. Ogni tanto la poto un po’.

martedì 1 maggio 2012

Primo Maggio Precario


Quest’anno, per festeggiare il primo maggio, avevo in mente di dedicare un pezzo alla deprimente situazione lavorativa in Italia, argomento  abusato, in verità, di questi tempi. Volevo puntare il dito contro la mentalità sempre più dilagante che il lavoro bisogna meritarselo e che pur di portare a casa due soldi si deve sottostare a qualunque tipo di sopruso lesivo della dignità umana. Ciò che trovo deprimente, anzi, davvero osceno, è che nonostante sia evidente (ai miei occhi, almeno) che le voragini nel bilancio create da mafia, spese della casta, spese militari e, soprattutto, dalla spirale posta in essere dall’implosione del mercato finanziario, non saranno mai sanabili raschiando il fondo del barile con tagli sulla sanità e sulle pensioni, la gente non si ribella. Ci siamo quasi convinti che siamo tenuti tutti a sacrificarci per la causa della crisi, ma non è così, e certi discorsi non mi piacciono. Io ho sempre pagato le tasse, e mantenuto uno stile di vita sobrio, per cui non mi sento in colpa se l’Italia va a pallini e non riesco ad autoflagellarmi allegramente pensando che sia giusto degradare la vita lavorativa (mia e di tutti gli altri), e accettare qualunque condizione perché è già grazie se ci fanno ancora lavorare. Ma come tutti cerco di stare a galla, per cui mi adeguo e osservo con sconforto e solidarietà tutti i commercianti che per santificare la festa del lavoro oggi tengono aperto.

Così, per festeggiare degnamente questo giorno, e qualcuno mi spiegherà che cosa c’è da festeggiare quest’anno, ho letto un libro appena uscito in libreria, dal titolo “Aria Precaria”, di Sara Root. Si tratta di un romanzo autobiografico che racconta le peripezie tragicomiche di una ragazza alla soglia dei trent’anni la quale zompa da uno stage all’altro, da un incarico deprimente a una proposta di lavoro indecente, in un’atmosfera che ha quasi del surreale e a tratti sembra persino incredibile.

L’autrice ha una lievità nel pennellare con poche parole semplici le situazioni complesse, riesce a dire tutto senza essere ridondante, e questa è sicuramente una dote.  Nonostante l’ironia con cui scrive, e che indubbiamente caratterizza il suo stile, però, il libro non fa sganasciare dal ridere, e non lo definirei “da ombrellone”.  È invece un fantastico libro di denuncia, nonostante le mentite spoglie di libro leggero. In certi passaggi, è persino angosciante, è ben più tragico che comico, per ciò che descrive, nonostante lo stile.

Certo il mondo in cui la protagonista si è imbattuta può avere del surreale, ma purtroppo si tratta della nuda realtà. Forse la differenza tra lei ed altre persone è che nel suo essere una ragazza “tutta d’un pezzo”, con dei principi e un’integrità, e soprattutto una dignità, ha mantenuto a lungo la capacità di scandalizzarsi per tutto ciò che le accadeva. Altre persone, al contrario, se la sarebbero fatta passare senza avere, come lei, l’abilità di leggere, nella stessa sequenza allucinata di eventi umilianti e deprimenti, un chiaro segnale di schizofrenia della società profondamente ingiusta e insensata in cui viviamo e che lei descrive molto bene.

Comunque, giudicando che la nostra società ha un rapporto deviato con l’idea del lavoro, non ho difficoltà a credere a tutto ciò che l’autrice ha scritto e ad augurare ad “Aria Precaria” di diventare un caso editoriale.

Leggetelo. Per festeggiare.

lunedì 23 aprile 2012

Retromarcia sui pannolini lavabili

Non pensavo che l'avrei mai detto, eppure i pannolini lavabili per bambini con me hanno chiuso. Mi ero lanciata in questa impresa convinta e motivata, per sfruttare appieno due poderosi vantaggi che questa soluzione garantisce:
1. Il costo: tolto l'investimento iniziale, non ci sarebbero state altre spese
2. La riduzione dei rifiuti: e diamo una mano anche all'ambiente.
Mi spiace per il mio portafogli e mi spiace pure per l'ambiente, ma con la pelle di mio figlio non ci gioco.
Premetto che la mia rinuncia non è dovuta al fatto che i pannolini lavabili sono effettivamente più impegnativi di quelli usa e getta: ficcarli in lavatrice al momento debito non mi è mai pesato. Per la causa avrei fatto questo ed altro.
La mia retromarcia nasce dal fatto che, sarà un caso, nei periodi in cui ho maggiormente utilizzato i lavabili, mio figlio si è preso prima un bel fungo sui genitali, poi, successivamente, un'infezione delle vie urinarie con tanto di sanguinamento (e giù di antibiotico). Ripeto, sarà un caso.
Però, pensandoci, forse non lo è.

Il produttore di quei pannolini raccomanda due cose:
1. Non lavare a più di 30 gradi, altrimenti l'imbottitura si rovina.
2. Eventualmente utilizzare il Napisan, ma anche no, perché tanto l'urina è sterile.
L'urina forse, le feci no di sicuro, e nonostante la visione bucolica che il produttore dà del suo pannolino (gli escrementi in teoria dovrebbero rimanere confinati al rivestimento di carta), l'imbottitura lavabile si imbratta eccome. E pure il guscio esterno, che deve essere trattato solo a mano. E mio figlio rimane, anche per ore, nell'umido sporco (e sottolineo umido, perché i cosiddetti sono per giunta poco traspiranti).
Dunque, e mi scuso per essere andata così nel dettaglio descrittivo, la mia conclusione è che i pannolini lavabili, allo stato delle cose, non sono igienici per nulla.
Essendomi attenuta alle indicazioni del produttore per il lavaggio, mio figlio ci ha rimesso in salute.
Quindi basta. Anche se ancora non avevo neppure ammortizzato l'investimento iniziale: ci siamo fermati a poco più che un terzo della spesa.

Conclusione? Viva i tedeschi. Loro producono pannolini biodegradabili al 70% a prezzi ridicoli. Per la prima figlia li ordinavo su internet a pacchi di 150 alla volta. Ora vado a rispolverare quel link...

sabato 14 aprile 2012

Gravidanza italiana


Che l’Italia odi le famiglie è evidente. Le nascite non vengono incentivate manco per niente e non si fa nulla per agevolare chi manifesta questo assurdo desiderio di procreare. Come se uno facesse i figli per capriccio. Come se i bambini di oggi non fossero le risorse di domani.

Come madre me ne accorgo e mi viene l’orticaria all’idea.

Ma anche la gravidanza non viene tutelata a dovere, secondo me. O meglio, non viene rispettata. Non solo per quanto riguarda il posto di lavoro, ma in generale.

Le donne incinte devono mettersi in testa di dovere essere produttive come le donne non incinte. Mica che la società ci può perdere, no?  

Il messaggio che viene fatto passare è: “La gravidanza è uno stato fisiologico… “, dunque tutto come prima.

Beh. La gravidanza è sì uno stato fisiologico, ma completamente alterato, che chiunque dovrebbe gestirsi come si sente. Lavorando, se vuole e sta bene, o mettendosi a letto, se non ce la fa.

Invece niente. Nessuno sconto. Durante la mia prima gestazione ho avuto un tale senso di colpa per non riuscire a fare tutto bene anche al lavoro che alla fine ho avuto conseguenze che potevano essere gravi. Scema io.  Al secondo giro me la sono presa comoda ed è andato tutto meglio. Per fortuna ho potuto permettermelo e di ciò ringrazio.

Eppure, dicevo, non ci sono sconti.

Sui pullman le donne incinte vengono fatte alzare, ormai. Sia dai delinquenti, che dagli anziani. Il che non è normale, ma capita.

Alle casse dei supermercati, la gravidanza non dà più diritto alla priorità. E che cavolo, provate voi a stare in piedi con sto pancione. Non è che andare a comprare carciofi sia propriamente una scelta, uno svago. Bisogna pur mangiare, no? Ma al momento di pagare, in fila come tutti gli altri.

Nelle ASL poi siamo arrivati alla follia. A Moncalieri per fare gli esami del sangue si sta in coda per ore. “La facciamo passare per prima solo se sta male”. Certo, perché se sto male, per festeggiare, mi faccio togliere ancora un litro di sangue. Vengo un altro giorno, grazie.

A Santena, dove c’è una succursale di ASL piccina picciò, aperta solo tre giorni a settimana, con un unico sportello, a quel punto accalcatissimo, la priorità c’è! Col trucco, però. Le donne incinte e diabetici passano per primi col numero prioritario, solo se si per primi presentano esattamente tra le 7,30  e le 7,45 del mattino. Dopo le 7,45 il biglietto prioritario viene tolto. P.S. Lo sportello apre alle 7,30, ma dalle 6,00 ci sono già file di anziani scalpitanti pronti ad arraffare il numero.

E nonostante ciò, gli anziani non prioritari scalpitano. Allargano le braccia dicendo con rassegnazione: “Eh, dobbiamo dare la priorità”…. (ma se potessimo, non lo faremmo mai.)

L’apoteosi l’abbiamo toccata al momento della curva glicemica. Per i non esperti la curva glicemica è un esame che a metà gravidanza è ormai una prassi, ed è rognosissimo. Ti fanno tre prelievi: il primo a digiuno. Poi mandano il campione ad analizzare. Se, dopo un’ora, l’esito che torna non evidenzia già un problema (e non si sa che cosa augurarsi) ti fanno bere un beverone di glucosio nauseante, quindi, dopo un’ora il secondo prelievo e dopo un’ulteriore ora il terzo. Il tutto senza poter mangiare né bere. Okay, s’ha da fare e si fa. E si fa all’ospedale direttamente, al centro prelievi, perché nelle ASL non lo possono gestire. Benissimo.

Arrivo per tempo e prendo il numero. Dopo di me, molti altri, lì per i più svariati motivi. Ma il numero serve a poco. Passano prima le priorità.

Subito ci sono i bambini. Per carità, vuoi mica fare aspettare i bambini? No, certo.  Poi quelli che devono essere ricoverati. Ci mancherebbe. Possono attendere mezz’ora in più? Ovviamente no.  E poi? Ste donne incinte le facciamo passare? No, prima i tamponi uretrali. Uomini fatti e finiti, con la panza piena, che ci sono passati legalmente davanti.  Ho anche litigato con uno che se n’è fregato del numero e di tutto, ma c’è stato poco da fare. Maledetto. Spero almeno che l’addetto/a, al momento buono, gli abbia fatto male. E le tre gestanti presenti per la curva glicemica? Ultime. Così abbiamo fatto il primo prelievo alle 9,30 e siamo uscite, spompate, alla mezza.

Che dire, quando pure le istituzioni se ne fregano, stiamo lottando contro i mulini. Ma la sensibilità non è un’opinione.

Durante la prima gravidanza, quando ancora al Carrefour la pancia dava diritto a qualcosa – io ero alla fine, quindi evidentemente incinta – ci fu un’allegra famigliola che con molta grazia mi bypassò alla cassa senza fare una piega.

Arrabbiata come una biscia, mollai il carrello a mio marito e me ne andai in macchina in attesa del suo arrivo, tirando giù improperi e santi dal paradiso. Si sa, noi donne incinte con gli ormoni ballerini… Seduta sulla mia auto ferma, notai che di fronte a me stava una station wagon parcheggiata coi piedi, tutta storta, che teneva due posti, compreso l’handicappato, ed essendo la prima della fila non era messa così perché condizionata dall’auto vicina: era stata lasciata in quel modo osceno proprio per incuria. Già che avevo l’anima per traverso, presi un foglio, una penna e scrissi una serie di rimostranze improponibili all’anonimo parcheggiatore, accusandolo di assoluta mancanza di rispetto, ecc…  e glielo ficcai sotto il tergicristallo, tanto per ricercare un senso cosmico di giustizia.

La somma soddisfazione arrivò quando i proprietari della station wagon storta uscirono dal supermercato. In quel momento realizzai che erano esattamente i disgraziati che mi avevano superata alla cassa.

Un errore di gioventù

Un errore di gioventù
Futura è incinta per la seconda volta e a Patrick sembra che il loro mondo sia perfetto, ma una notizia dal passato potrebbe scombinare tutto. Patrick infatti viene contattato da una sua ex, Arlene, che gli confessa di avere una figlia quasi adolescente, che potrebbe essere sua. Lui però non ha il coraggio di rivelarlo alla moglie.

L'occasione di una vita

L'occasione di una vita
Tre donne, tre occasioni per cambiare la propria vita. A Londra Futura rimane inaspettatamente incinta, ma Patrick inizialmente non è disposto ad accettare l'idea di diventare padre. Tra i due conviventi scende a lungo il gelo, finché il ragazzo, intenerito dall'ecografia del piccolo, decide di rivedere le proprie posizioni. Non fa in tempo però a manifestare le sue intenzioni che Futura perde il bambino e in conseguenza di ciò decide di allontanarsi, non essendosi sentita sufficientemente amata e capita durante la pur breve gestazione. A Torino Massimo e Ljuda, sposati e con due bambini, si dividono tra lavori part-time e la gestione della Casa di Accoglienza, struttura che si occupa di ospitare donne vittime di violenza che tentano di rimettere insiemi i cocci della loro vita. Ljuda però non è felice, le pesa la perenne carenza di soldi e decide, senza il benestare del marito, di partecipare al Reality più famoso d'Italia, dove è stata scritturata come concorrente, per dare una svolta alla sua esistenza.

Perché ne sono innamorata

Perché ne sono innamorata
Quanti modi ci sono per innamorarsi? E quanti per esprimere l’amore? Come inizia una storia duratura? La sognatrice Manuela, l’introversa e concreta Futura, la tenace Ljuda e la rassegnata Martina sono alle prese, rispettivamente, ma non sempre biunivocamente, con un promesso sposo altrui e inaffidabile, un ragazzo affascinante ma affetto da una patologia genetica, un seminarista e un fidanzato arrogante e violento. Impareranno, a loro spese, a discernere le relazioni sane da quelle malate.

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Sono nata a Torino nel 1975 dove ancora risiedo e lavoro. Ho pubblicato qualche romanzo e ogni tanto condivido sul blog i miei pensieri.