Incredibile ma vero, per la prima volta nella vita, mio marito ed io siamo riusciti a mollare i pargoli per tre giorni e fuggire a Praga, luogo per noi del tutto nuovo e da scoprire.
Ed ecco il dovuto resoconto.
Che dire di Praga? Che è bellissima, romanticissima e magicissima? Ma questo lo sapete già, altrimenti che ci saremmo andati a fare, per cui tirerò oltre. E non sperate di trovare qua l’elenco delle cose da visitare, questo blog non è Lonely Planet, lascio questi aspetti seri alle guide serie.
Ma un paio di consigli sensati ve li voglio dare lo stesso.
Se vi capita di andare a Praga per pochi giorni, cercatevi subito un tour guidato nella vostra lingua; in genere è l’hotel in cui alloggiate che ve lo procura. Per l’equivalente di 50 euro a persona, vi intratterranno per ben sei ore, vi offriranno un pranzo tipico e vi faranno persino fare un giro turistico in battello, merenda e birra incluse. Interessante e proficuo, a cose fatte posso dire che ne è valsa la pena. Inoltre la sorte a noi per quel giorno ha affiancato una famiglia simpatica: padre, madre e due ragazzine educatissime, e la giornata è volata che è stato un piacere.
Il secondo e ultimo consiglio serio è quello di fare il giro delle sinagoghe nella zona ebraica. Istruttivo. In una di esse, la Pinkas, sulle pareti, sono stati trascritti i nomi e le date di nascita e di morte di più di 77 mila ebrei di Praga e dintorni uccisi durante la seconda guerra mondiale. Segue la mostra dei disegni dei bambini rinchiusi nei campi di sterminio. Toccante, veramente, tanto più per chi come me non ha mai visitato dal vivo i luoghi della Shoà. Quelle pareti bianche riempite con decine di migliaia di nomi, scritti fitti (sembra di avere un enorme foglio di giornale davanti agli occhi) fanno l’effetto di una visita al cimitero: stessa angoscia. Le vittime dello sterminio sono state davvero troppe e su quei muri il loro numero elevatissimo risalta in modo schiacciante. Davvero, merita un’occhiata.
Però ora veniamo a noi.
Il volo
Abbiamo viaggiato A/R con una compagnia low cost estrema, di quelle che ti fanno tenere un unico bagaglio a mano (o il trolley, o la borsetta, di solito il trolley con dentro la borsetta), scrivendoti senza vergogna sulla carta d’imbarco che se non arrivi al gate prima degli altri, in caso di volo affollato loro si riservano di spedire il tuo unico sofferto bagaglio a mano (il trolley con dentro la borsetta) dritto filato nella stiva.
Così ci siamo sbrigati quanto più abbiamo potuto e per fortuna ci è andata bene. A qualcun altro non so, soprattutto nel volo di ritorno, che era pienissimo.
All’andata, lo steward che ci ha fatto il saluto di commiato, prima in un biascicato inglese, poi in italiano sua lingua madre, ha ringraziato tutti per aver volato in quel fantastico aeromobile, e mentre lo diceva ghignava come un pazzo.
Il senso del suo atteggiamento poco aziendalista ci si è rivelato meglio sul volo del ritorno, dove il pilota ha fatto una discesa quasi in picchiata per atterrare in orario, e dove il panino che agognavo per il pranzo (a pagamento, come in tutti i low cost che si rispettino) era finito. Così ho pranzato in aeroporto alle tre del pomeriggio.
La lingua
Nella repubblica ceca parlano ceco. Bene. La prima sera in metropolitana abbiamo incontrato un italiano che, millantando un precedente viaggio in Russia, vagheggiava: qui almeno sono gentili, scrivono (cartelli, indicazioni, fermate metro e autobus) in caratteri latini! Invece in Russia (cattivi) le scritte sono solo in cirillico dappertutto.
Non abbiamo osato controbattere cotanta sicumera, ma poi la nostra guida ci spiegava che la lingua ceca, essendo una lingua slava occidentale, non usa affatto i caratteri cirillici.
Per il parlato, (ignorando noi completamente il ceco), l’inglese ci è stato utile, ma solo per metà. Infatti, nella parte centrale della città, quella storica e pesantemente turistica, piena di gente di ogni provenienza – italiani in massa, ma anche molti visitatori di lingua inglese, nonché spagnoli – in moltissimi conoscono l’italiano e pure molto bene. Più di una volta noi ci arrabattavamo con l’inglese, spremendoci le meningi per trovare quel termine che non ci veniva, poi parlavamo tra di noi e il nostro interlocutore ceco a quel punto esclamava: - Ah, ma siete italiani! (potevate dirlo).
Persino nei menù dei ristoranti la traduzione era sempre in inglese e in italiano, e talvolta solo in italiano. Pare che tutta questa smania di italianità derivi sì dalla massiva presenza di turisti italici, ma che, soprattutto, affondi le sue radici nella fine della prima guerra mondiale. Me l’ha detto uno molto più colto di me, che però non vuole essere citato.
Comunque sia, molti giovani (camerieri, albergatori, commercianti vari ed eventuali) erano perfettamente in grado di intortarci interloquendo con noi nel nostro idioma.
Così la prima impressione è stata: ma guarda come sono versatili sti cechi, o meglio, tutti al mondo sono versatili nelle lingue tranne noi italiani, che siamo craponi, che non riusciamo a spicciare due parole neanche quando ci conviene per turismo, e tranne forse gli inglesi, che non ne hanno bisogno.
Ma poi siamo stati costretti a parlare anche con persone che gestivano le loro attività commerciali appena fuori la zona storicissima e turisticissima, e abbiamo scoperto che non solo non parlano italiano, ma neppure l’inglese, e che mostrano pure una discreta ostilità e scortesia nei confronti di noi stranieri.
Così quando ho chiesto un’informazione alla fioraia di Pavlova, che comunque è ancora una zona centrale di Praga, questa mi ha risposto con un improperio incazzoso, di cui non ho la traduzione letterale stretta, ma che immagino con buona probabilità che volesse dire: “Non ho idea di ciò che stai dicendo e sinceramente non mi cale”.
Stessa solfa cento metri più in là, con la tabaccaia che non ci ha venduto i francobolli delle cartoline: ci faceva intendere che non li aveva, ma a noi è parso che non ce li volesse dare. Era solo un’impressione nostra?… E che dire della bigliettaia della metro (sempre in zona Pavlova, ma che hanno da quelle parti?)? Al suo “Non ho la risposta alla vostra domanda” ha fatto seguire, anziché un “sorry” neutro e polite, una smorfia infastidita e veramente antipatica.
Dunque, servili fino alla nausea nella zona iper-turistica, scortesi e sgarbati appena un metro oltre, quantomeno a Pavlova. C’est la vie.
La moneta
Nonostante l’euro imperversi quasi dappertutto, nella Repubblica Ceca vige granitica la Corona, che equivale più o meno a 1/25 di euro. Circa il cambio che avremo noi quando torneremo alla lira. Dunque, anche se ci faceva un certo effetto prelevare al bancomat MILLLLLLE corone, gira e tuira ci eravamo messi in tasca non più di quaranta euro.
Devo dire, non si spende molto laggiù. Si mangia un lauto pasto con poco. Tutto sommato il turista euromunito campa facilmente (esattamente ciò che succederà ai turisti stranieri quando l’Italia sarà stata sbattuta fuori dall’Eurozona).
Il clima
Altro mito da sfatare: siamo al nord, fa freddo. Col cavolo. A fine giugno c’è un’afa bestiale (clima continentale), non foss’altro che la Moldava, il fiume che taglia in due Praga, garantisce un ambiente quasi marittimo (salsedine a parte).
Per fortuna abbiamo trovato due giorni di sole e caldo e gli ombrellini pieghevoli acquistati per l’occasione sono serviti solo ad appesantirci la borsa. Menomale. Bella luce e belle foto. What else? Fantastico.
La metropolitana e i trasporti pubblici
La metropolitana funziona bene. Ci sono tre linee trafficatissime, che coprono tutta la parte più centrale della città. Molte, ma non tutte, le fermate sono accessibili dai portatori di handicap e quindi pure dai passeggini: nel caso, sono segnalate.
Anche in aeroporto (A/R) è facile arrivare: col bus 119 si va e si torna senza alcuna difficoltà.
Praga, poi, è servita dai tram. La nostra guida del primo giorno ce ne parlava come di una rarità, una peculiarità locale, ignorando che nella città da cui proveniamo noi i tram sono il nostro pane quotidiano. Poi però la guida ci ha detto una cosa inquietante: “Attenti a quelli nuovi. Non frenano, per i pedoni sono un po’ pericolosi”. “Eh?”.
A Praga, dunque, ci sono un sacco tram storici, ma anche delle linee di recente concezione, e l’ultimo progetto della Porsche in merito sta attualmente presentando questo piccolo inconveniente che consiste nell’avere una quantità di moto indomabile tale da stirare i pedoni sul più bello. Dimenticavo: i tram, a Praga, hanno precedenza su tutto.
Leggenda metropolitana, la pericolosità di questi Porsche? Può darsi, e comunque raccontano un sacco di favole truculente, da quelle parti. Noi, intanto, ci siamo stati attenti e abbiamo sempre attraversato sulle strisce.
Il cibo
Ragazzi, siamo a Praga, non cercate la pizza a Praga! Non è migliore di tutte le pizze che si mangiano all’estero. Anche se di ristoranti italiani, come sempre, ce n’era a gogo.
Piatto tipico: il goulash, che, diciamolo, è uno spezzatino, né più né meno. Con un bel po’ di aglio dentro e accompagnato da gnocchi, che possono essere di patata (molto diversi dai nostri, però) o di grano (e in questo caso trattasi di una specie di mollica di pane, che in quel sughetto di carne fa un’acidità coi fiocchi).
Non male, se devo dire. Sconsigliato a chi soffre di reflusso gatroesofageo, però.
p.s. Nei locali a Praga è ancora permesso fumare.
La colazione
Se per pranzo e cena il goulash è comunque da provare, devo dire che la colazione è stata uno shock, un trauma. Premetto che eravamo in un hotel con la colazione a buffet, continentale, come si dice, dove a fianco delle classiche e rassicuranti fette di pane da spalmare di burro e marmellata, e delle mestolate di yogourt in cui pucciare cereali, già mi aspettavo di trovare fette di formaggio e affettati. Sulla prima colazione ero convinta di non avere sorprese, pensavo di aver ormai visto tutto, già avvezza com'ero a bacon e omelette inglesi. Invece, che ingenua, avrei dovuto dare ascolto a chi mi diceva che, dalla Germania in poi, il breakfast era molto, ma molto peggio. E così, alle otto del mattino, ho visto gente farsi di insalate verdi e pomodori (e vabbè), ma soprattutto pescare da fior di zuppiere chili e chili di verdura in agrodolce.
C'erano infatti, in bella mostra, grandi e sfacciate porzioni di cetrioli sottaceto, cipolline sottaceto, peperoncini sottaceto e persino wurstel giganti sottaceto, che galleggiavano, orgogliosamente vicini-vicini, nelle loro enormi scodelle di vetro. Il tutto accompagnabile con il ketchup. E se è vero che i gusti sono gusti, perdonatemi, ma io quello spettacolo l'ho trovato inguardabile...
L’alcol
Entrati in metropolitana per la prima volta, una cosa ci ha colpito immediatamente: l’aria era satura di alcol.
Poi abbiamo scoperto che la birra costa molto, ma molto meno delle bibite, e questa mi sembra un’ottima politica per ridurre il tasso di alcolismo nel paese.
L’architettura e l’urbanistica
Praga è bellissima e molto pulita, su questo non si discute. Molto meglio tenuta delle nostre italiche capitali. Gli edifici sono per lo più dipinti di fresco e non paiono dei ruderi scrostati come i nostri. Anche il tessuto urbano è omogeneo e coerente, quindi gradevole da vivere. Grandi parchi stanno addirittura in riva alla Moldava, dove si respira una bella aria e i punti di belvedere si sprecano. Per contro, sotto certi aspetti, Praga, crocevia di molte culture, ha edifici senza una personalità propria. I mille palazzi con facciate in stile liberty, o eclettiche, e il Castello, neoclassico, non sono poi diversi da ciò che abbiamo anche noi da queste parti. Meglio pittate, ma non originali. Ma, come dicevo, ciò che piace di Praga è il contesto, è l’effetto globale. Quello forse è unico.
Le spose
Passeggiando su e giù, in numerose occasioni abbiamo incrociato delle improbabili spose, spesso senza marito, seguite da un fotografo, e per lo più con le scarpe (nere) da ginnastica ai piedi. Una era un’orientale grassa, occhialuta e spettinatissima. Di un’altra sospetto persino una gravidanza. La nostra guida però ci spiegava: “Non si sono sposate qui. Però si sono venute a farsi fotografare da queste parti per avere una bella location nell’album”.
Ottimo, direi. Perché non ci ho pensato anch’io, a portarmi l’abito??
Venezia tarocca
A fianco della Moldava sono stati costruiti alcuni canali artificiali, che hanno degli scorci bellissimi. Talmente belli che sembrano Venezia, e infatti pare che determinati angoli siano puntualmente utilizzati per girare le scene dei film fingendo di essere proprio a Venezia. E comunque, Venezia o no, hanno funto da set per diverse produzioni famose, da Hostel di Tarantino al primo Mission: Impossible.
Il ponte Milvio
Il ponte Milvio a Praga?? Non proprio, ma quasi. A ridosso di un canale artificiale, un ponticello è stato adibito a zona lucchetti dagli innamorati. Non vi dico la fatica di spiegare, in inglese, al candido e giovane marinaio del nostro battello, l’origine di quella strana usanza importata da Roma. No, non la fatica per l’inglese (An italian writer… Three meters above the sky… ecc…). Intendo la fatica a parlare di Moccia, che, i miei followers lo sanno, non è propriamente il mio eroe.
Però quei lucchetti li ho fotografati eccome. Già che avevo il goulash per traverso nello stomaco (buono, ma quell’aglio…), ho deciso di rovinarmi la digestione definitivamente. No, Moccia, no. Non volevo rendere omaggio a te. Toglietelo dalla testa. Mi ha incuriosito l’imponenza di certi lucchetti. Qualcuno, per lucchettarsi da quelle parti, ci ha pure speso una fortuna. Avercene. Ci sarebbe da fare della psicologia spicciola in merito. Lucchetto da diario segreto = innamorato giovane, o innamorato spiantato, o innamorato poco focoso? Resterò col dubbio. E lucchetto extra delux? Che significherà? Grandi amori o riferimenti fallici? Non ci voglio neanche pensare.
Le farmacie
“Questa è la più antica farmacia di Praga”, disse la guida, scendendo a piedi dal Castello, e indicando una porticina sulla nostra sinistra.
Bella forza. Era pure l’unica, almeno nel centro storico. Due giorni di ricerche per approdare ad un collirio, e alla fine siamo tornati lì. Sfido chiunque a trovarmene un’altra nel tragitto tra l’Orologio Astronomico e il Ponte Carlo. A meno di non tentare più all’esterno, in zona Pavlova, ma lasciamo perdere.
Al che le conclusioni a cui siamo giunti sono due, in alternativa:
1. I Praghesi non si ammalano.
2. I Praghesi non si curano.
Ai posteri l’ardua sentenza.
Gli iphone
Termino questo excursus, per nulla esaustivo, delle mie impressioni di fine giugno 2012, con una considerazione worldwide. I figli di Jobs possono dormire sonni tranquilli. Tra turisti di ogni nazione, oriundi, immigrati, nativi ecc… l’iphone è l’oggetto in assoluto più presente tra le mani della gente per la strada.